Non si era mai vista una indagine preliminare durare 4 anni, ma evidentemente il caso Schwazer ha assunto agli occhi della Magistratura di Bolzano una importanza tale da credere che l’accertamento della verità possa determinare una svolta epocale nei rapporti tra atleta ed organizzazione sportiva per quel che concerne la trasparenza dei meccanismi che regolano il controllo antidoping e la tutela dei diritti del singolo di fronte all’arbitrarietà del potere assoluto delle Istituzioni.
Tutto però ha un limite e lunedì alle ore 11 cala il sipario su questa dilatatissima, ma necessaria, fase dell’incidente probatorio e perizia conseguente.
Nell’aula grande – non a caso – del Tribunale di Bolzano, il genetista Giampietro Lago illustrerà i risultati della terza e definitiva perizia che il GIP Walter Pelino gli ha ordinato un anno fa.
Riguarderà le ultime giustificazioni (im)possibili ancora sul tavolo a una concentrazione del DNA nelle urine ‘dopate’ di Schwazer, definita dal perito nelle precedenti Udienze “inverosimile”.
Verranno resi noti: i valori di una quarantina di atleti under 35 di discipline di resistenza della FIDAL, sebbene la letteratura scientifica disponibile giudichi già ininfluente il superallenamento e l’agonismo estremo sulla variazione di concentrazione del DNA; la riquantificazione dei valori di DNA di provette di urina di volontari, invecchiate di due anni, cioè di quasi lo stesso tempo intercorso tra il prelievo di Capodanno 2016 e la prima analisi al RIS delle urine ‘dopate’ di Schwazer; il giudizio sui dati prodotti dalla WADA relativi a un altro prelievo su Schwazer, che – viste le precedenti valutazioni fatte in aula dal perito – non promette nulla di buono per l’Agenzia Mondiale Antidoping, anche perché quest’ultima si è rifiutata sia di specificare il protocollo usato per reperire tali dati, sia di dare campioni di urine di atleti positivi al doping come aveva richiesto il Giudice.
Nel frattempo il PM Giancarlo Bramante ha fatto capire che sulle rogatorie internazionali alla Magistratura di Germania, Francia e Svizzera per acquisire le mail compromettenti sul caso Schwazer, rivelate ai media nel 2017 dagli hackers russi di Fancy Bear, non risultano ancora risposte da quei Paesi.