Ha dovuto ritardare  la luna di miele il neosposo Alex Schwazer. Colpa di un appuntamento importante: la sua vicenda processuale entra nella fase decisiva. Questa settimana al Tribunale di Bolzano si tiene infatti l’udienza per discutere le 86 pagine della seconda e definitiva perizia che il colonnello dei carabinieri Giampietro Lago ha presentato nei giorni scorsi al giudice delle indagini preliminari Walter Pelino.



L’ordinanza di un anno fa chiedeva a tale perizia di approfondire il tema del decadimento della concentrazione del Dna nelle urine per effetto del tempo, onde “pesare” in modo scientifico quei dati anomali descritti dalla prima perizia ed emersi dall’analisi genetica delle due provette fornite dal laboratorio di Colonia. Una richiesta, questa, avanzata della difesa legale dell’ex marciatore, osteggiata dagli avvocati di Iaaf e Wada, ma fatta propria dal Gip.



Questa ulteriore perizia si è basata principalmente sulla sperimentazione che Lago ha fatto su un gruppo di donatori maschi di età compresa fra i 19 e i 58 anni. I risultati rafforzano l’ipotesi, emersa già dai dati diffusi  dalla prima perizia, che i livelli altissimi di concentrazione di Dna nelle urine incriminate di Schwazer siano estranei alla sua “peculiarità fisiologica”, specie dopo aver verificato che la concentrazione del Dna tra i volontari testati da Lago è inferiore nei soggetti giovani e soprattutto che si abbatte mediamente dell’87% in urine vecchie di un anno. Immaginiamo quanto si possa ulteriormente alzare questo dato in una urina invecchiata in un tempo più che doppio (26 mesi), come quella di Schwazer trovata positiva al doping…



La perizia affronta inoltre il tema delle notevoli discrepanze quantitative di Dna tra provetta A e provetta B, concludendo che non sono giustificate dalla “meccanica della formazione delle aliquote stesse”.

L’udienza di giovedì nel contraddittorio tra avvocati e perito servirà a esplicitare anche quelle connessioni che la perizia lascia nelle pieghe. Ad esempio: se la concentrazione del Dna col tempo può addirittura non solo abbattersi ma anche scomparire, si può arrivare a conclusioni categoriche quando l’esame Ngs non riconosca Dna estraneo nelle urine di Schwazer? Una minima quantità di urina estranea e contaminata (il primo test antidoping – ricordiamolo – fu negativo, ci volle un esame molto più sofisticato per trovare i metaboliti del testosterone sintetico) può in un tempo superiore ai 2 anni far perdere le tracce del suo Dna, specie se questa cancellazione dovesse essere aiutata da una ulteriore immissione artificiale del Dna del soggetto contaminato?