Caro direttore,
il botta e risposta Steinmeier-Salvini fa capire ancora di più – semmai ve ne fosse il bisogno – che la vicenda Sea Watch è stata una provocazione in grande stile orchestrata per misurare forze e ambizioni dentro l’Europa, in un periodo in cui gli Stati europei stanno discutendo le più importanti cariche dell’Unione. La Commissione in primis.
Da tutte le parti la vicenda migranti la si vuole lasciare aperta:
– la guida Ue, per tenere sotto botta l’Italia, ricattarla e riportarla all’occorrenza a più miti consigli; se oggi ci troviamo in questa situazione fuori controllo, d’altronde, è proprio per le note e scriteriate politiche africane dei nostri amici/nemici europei;
– il Governo italiano e i suoi antagonisti progressisti, per usarla a fini elettorali nel solito derby italiota Carola sì/Carola no, e misurare rapporti di forza con l’Europa.
Ma due grandi questioni rimangono aperte: 1) Salvare vite umane non dovrebbe essere un’azione di cooperazione internazionale seria e collaborativa, anziché un terreno di scontro dove gli ultimi sono usati da tutti?
2) Un Paese come l’Italia può rimanere ostaggio di politiche internazionali a noi ostili, fatte sopra la nostra testa e condite da odiosi ricatti?
Come porre fine a questo scempio? Una soluzione – come prospettato da Aldo Cazzullo sul Corriere di domenica – sarebbe chiudere la rotta del Mediterraneo: i profughi non devono essere messi nella condizione di affidare le loro vite agli scafisti. I moderni “negrieri” devono essere arrestati. È stato sconfitto l’Isis, possono essere sconfitti anche loro. Occorre per questo una grande operazione europea che batta le coste libiche, interrompa il traffico dei migranti, contribuisca alla stabilizzazione del Paese e lavori anche ad arrestare i flussi dai Paesi di partenza.
Ma per far questo è necessario che l’Europa ci sia e che torni a quell’idea nobilissima che era stata di De Gasperi, di Adenauer, di Schumann.