Sono passate appena 24 ore dal clamoroso arresto del governatore della Liguria Giovanni Toti e già non ci si capisce più niente, con il cittadino “normale” che ha digerito e rubricato la notizia come un atto di consueto malaffare, un altro politico corrotto e una Regione che sembrava “pulita” precipitata nel baratro.
Chi segue di più queste vicende se si è posto subito un’altra domanda: “Di che corrente sono i giudici coinvolti?” Perché è drammatico che in queste indagini la prima cosa che si va a vedere e se ci sia di mezzo un giudice “amico” (in senso politico) all’imputato oppure no. Se non lo è, scatta subito il dubbio di una pressione politica, di qualche contro-pressione, di qualche “dossier” avvelenato.
Anche la vicenda Toti si è messa subito su un piano pieno di dubbi e il guaio è che li ha espressi pubblicamente anche il ministro della Giustizia – ex pubblico ministero – con il bel risultato di politicizzare ulteriormente la vicenda e la creazione subito dei soliti partiti contrapposti tra innocentisti e forcaioli.
Dubbi sulla consistenza delle indagini, sulla loro forse eccessiva lunghezza, su intercettazioni preventive che sembra durassero da anni. Certamente si chiacchiera di presunzione di innocenza ma, andando al concreto, la gente vorrebbe sempre capire subito – prima ancora della celebrazione dei soliti lunghissimi ed interminabili processi – se ci sia davvero della sostanza importante, evidente, e questo contro qualsiasi imputato (ma soprattutto quelli “eccellenti”) e se quindi l’intervento giudiziario sia stato tempestivo, efficace, giusto.
Nel caso di Toti – come di tanti altri – è questo un elemento che subito sfugge, senza voler per questo assolvere nessuno né accusare magistrati che magari fanno il loro dovere con scrupolo ed equità. Perché pare – tutti conoscono le notizie solo di seconda mano – che l’arresto di Toti era pronto da quattro mesi, ma il Gip non firmava (perché?) e che Toti fosse intercettato da anni (possibile? sarebbe contro la legge). Oppure – circostanza che l’esperienza rende più probabile – che qualcuno gli girasse intorno per sollecitare piaceri a mezza bocca, ma comunque per questioni utili per tutti e quindi solo indirettamente corruttive.
Ma torniamo al punto di partenza: un’indagine “politica” a chi va affidata? Perché a questo siamo giunti: il cittadino non crede più che un magistrato, inquisendo un politico, lo contesti per episodi oggettivi e chiari, ma piuttosto che quel politico, a seconda degli agganci che ha, sarà poi distrutto o più o meno prosciolto dalle accuse.
Solito copione: prima il “botto” della notizia, poi il gioco dei tempi, i periodi pre-elettorali, le amicizie personali che costruiscono gli ingredienti della “storia” che va in scena e presto diventa oggetto di gossip. Alla fine conta di più essere (forse) stato omaggiato di “massaggi” a Montecarlo che aver o meno pilotato una delibera od un appalto milionario.
Intorno poi al “pesce grosso” – di solito il politico, ma spesso anche l’imprenditore di grido – corrono molte sardine e sono quelle che, qualsiasi sia la parte che governa, si attaccano alle squame del pesce grosso per vivere di rendita e alla sua ombra. C’è sempre di mezzo uno stuolo di faccendieri, millantatori, venditori, segretari, galoppini elettorali che in Italia non hanno mai una posizione chiara, ma “galleggiano” sempre ai margini del potere. Negli USA le lobbies sono ufficialmente presenti, censite, pagate, ascoltare, utilizzate come portavoti, in Italia invece vivono nell’ombra e pascolano alla grande restando sempre sullo sfondo, soprattutto perché devono poter saltare di qua o di là come corre il vento e mutano le maggioranze.
E se proprio c’è bisogno di ingarbugliare le carte basta tirar fuori qualche pentito, qualche vecchio o nuovo dossier (per il caso Toti ne è già uscito uno a Perugia) o tirare in ballo massoneria, servizi segreti e – ovviamente – i “poteri forti”.
Tornando al “caso Toti” speriamo insomma presto di vederci chiaro e di poter magari cancellare i dubbi con prove evidenti, anche se per metà Italia il governatore è già impallinato e sepolto. Ma forse non è vero, nel senso che non c’è più la metà degli italiani interessata a queste cose, assimilando comunque la politica alla corruzione e quindi dando tutto per scontato.
Eppure alcuni aspetti del caso andrebbero chiariti subito e non solo per Toti, ma per tutti. Le somme incassate erano regolarmente registrate o meno? Sono provate le “dazioni” e direttamente collegate a delibere o a decisioni oppure erano solo tentativi di corruzione? E poi perché tanti anni di indagini e lo sbocco solo adesso, in clima pre-elettorale? La “compravendita” di consenso era forse legata alle imminenti elezioni europee?
Vedete che – piaccia o no – siamo tornati al punto di partenza.
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