Si riapre il caso del figlio del presidente americano, Hunter Biden, che nel 2020 fu al centro dello scontro elettorale tra il padre e Donald Trump. Poco prima del voto, il New York Post pubblicò uno scoop sul ritrovamento di un pc appartenente a Hunter Biden che conteneva diversi file ed e-mail potenzialmente incriminanti a riguardo dei suoi rapporti di affari con Paesi stranieri poco affidabili, l’Ucraina in primis. Ma soprattutto veniva messo sotto accusa il padre.
In una delle email Vadym Pozharskyi, cittadino ucraino e tra i dirigenti della compagnia energetica ucraina Burisma, ringraziava Hunter Biden per l’opportunità avuta di incontrare suo padre, allora vicepresidente degli Stati Uniti. Secondo alcuni post su Twitter del giornalista americano Matt Taibbi, quella storia venne insabbiata dal social ricorrendo a misure straordinarie, “rimuovendo collegamenti e pubblicando avvisi sulla loro possibile non sicurezza”.
A dare a questo giornalista tutte queste informazioni” ci ha detto in questa intervista Rita Lofano, vice direttore dell’agenzia di stampa Agi e già corrispondente dagli Stati Uniti “è stato proprio Elon Musk, l’attuale proprietario di Twitter che, come è noto, dichiarò che il motivo della sua intenzione di acquistare il social era proprio quello di liberarlo dal monopolio dei liberal e dei democratici che censuravano i conservatori”. Ma non poche sarebbero le contraddizioni in tutta questa storia.
Prima che Matt Taibbi pubblicasse i suoi tweet, Musk ha annunciato con una serie di post quanto sarebbe stato poi pubblicato. L’impressione è che Musk si muova prima di tutto per attirare l’attenzione su di sé più che per scopi politici; che ne pensi?
Sì e no. Sicuramente ha una gran voglia di protagonismo, ormai twitta ogni giorno lanciando bombe come in questo caso. Il fatto è che le informazioni su cui il giornalista americano ha costruito la sua storia gliele ha passate proprio Musk. È stato uno scoop orchestrato da lui: Musk ha rilanciato e dirottato gli utenti verso i tweet di questo giornalista che aveva raccontato come Twitter avrebbe sommerso lo scoop del New York Post, un giornale notoriamente conservatore che ha raccontato di questo fantomatico pc di Hunter Biden, delle sue relazioni con una società energetica ucraina e dei soldi che prendeva facendo affari con Paesi non proprio trasparenti, proprio come l’Ucraina.
L’accusa di Musk e Taibbi è che Twitter sarebbe stato fortemente sbilanciato a favore dei democratici, in questo modo falsando il voto elettorale del 2020. È un’accusa fondata?
Quella storia sarà stata anche forse soppressa da Twitter, ma allora ne parlarono tutti, era uno dei temi della campagna elettorale del 2020. Trump ne parlava un giorno sì e uno no e lo stesso faceva Rudy Giuliani.
Sempre secondo Taibbi i “revisori” del social avrebbero finito per sbilanciare il loro intervento a favore dei democratici, visto che la maggioranza dei dipendenti risultava formata da “donatori alla campagna democratica” anche a insaputa dei vertici dell’azienda.
La verità non la sappiamo, però da sempre non è una novità che i conservatori accusino tutti i social di sopprimere le loro voci. Lo stesso Musk prima di lanciare l’offerta di acquisto di Twitter da 44 miliardi di dollari aveva detto che il social sopprime le voci dei conservatori e disse che voleva comprarlo proprio perché era di parte.
Forse è più di parte lui?
Ci furono molte polemiche a cui seguì uno studio fatto da diverse università americane tra cui quella di Yale, che dopo le elezioni del 2020 avevano seguito un gruppo di 9mila utenti. Verificarono che era vero che venivano soppresse di più le voci dei conservatori, il 35% contro il 7% dei democratici. Questo però non dipendeva da una decisione dei dipendenti, ma dal fatto che l’algoritmo non riusciva a bilanciare in modo uniforme la censura della disinformazione.
Questo perché, anche se chi conosce i social non fa fatica a capirlo?
Se guardiamo alla retorica dei conservatori americani che si presta a teorie cospirazioniste e usa toni forti non c’è da meravigliarsi che l’algoritmo tendeva a censurare post di un certo tipo. Al di là dell’essere di parte o meno per il modo in cui l’algoritmo è stato pensato, con post di un certo tipo, offensivi, anche violenti, si incappa nella censura.
Gli algoritmi per loro stessa natura non sono in grado di capire ad esempio se un post è ironico o vuole offendere qualcuno.
Il giornalista sostiene che a richiedere l’insabbiamento delle voci contro i Biden sia stata la stessa Casa Bianca, una volta eletto Joe Biden. Personalmente ho seguito molte campagne presidenziali americane ed è prassi abbastanza consolidata da parte dei partiti segnalare post problematici per farli rimuovere. La domanda allora è: perché oggi questi post appaiono tranquillamente? Si può rispondere, seguendo lo stesso tipo di approccio, che Musk ha riaperto tutti gli account controversi compreso quello di Trump. Potrebbe avere cambiato l’algoritmo? È lecito chiederselo.
Che cosa si può dire alla fine di questa storia, soprattutto di Elon Musk?
C’è chi gli dà del matto, ma bisogna riconoscere che quello che dice lo fa veramente. Tra Twitter e satelliti sta acquisendo un potere immenso.
(Paolo Vites)
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