Durante il mese di agosto, di solito, la politica langue, c’è sempre poco da dire per gli addetti ai lavori, ed anche per gli altri. Quest’anno invece, provvidenzialmente, è arrivato il generale Roberto Vannacci. Il suo libro-bomba ha improvvisamente aperto delle praterie per tutti coloro che durante la canicola estiva avevano bisogno di mantenere i fari accesi. E anche per tutti coloro che i fari accesi non li avevano mai avuti. Gli orfani del Covid, ad esempio, hanno trovato un’altra oasi di elucubrazione per poter spaziare, blaterando su cose di cui non sanno assolutamente nulla.
Non intendo tornare sul tema della libertà di espressione, su cui quasi tutti hanno detto di tutto. E sul quale mi sento solo di precisare che il Codice dell’ordinamento militare all’art. 1472 sancisce per ogni militare il diritto di manifestare e divulgare liberamente il proprio pensiero, meno argomenti riservati o di interesse militare. Ecco perché il generale Vannacci non ne affronta alcuno nel suo libro. Ma se si scava un po’ più a fondo si scopre che l’art. 1466 Com sancisce che l’esercizio di un diritto previsto dal codice impedisce l’impianto di un qualsiasi fascicolo disciplinare. Questa è la pietra tombale per chi voleva disquisire sui doveri militari e sugli ambigui silenzi di Roberto Vannacci.
Per chi ha la memoria corta, ricordo che il generale fece molto meno scalpore e non subì alcuna conseguenza quando si espose in prima persona evidenziando il problema del riconoscimento delle contaminazioni da uranio impoverito dei militari italiani. Quando lo fece addirittura con due esposti alla magistratura nessuno se ne accorse. Oggi, per delle considerazioni personali che possono essere più o meno condivisibili, si sta scatenando un’apocalisse. Forse non c’era altro da fare, o su cui pontificare gratuitamente.
Il generale ringrazia. Su diverse testate è uscita la notizia che il libro incriminato ha venduto alla fine della settimana circa 20mila copie, più o meno il doppio del bestseller di Michela Murgia. A circa sette euro a copia, pare che l’operazione abbia già fruttato al generale Vannacci circa 140mila euro.
Primo in Accademia di Modena nel corso Armi varie del 1986, cioè esclusi Carabinieri e Amministrazione, che cooptavano i primi posti a concorso, Roberto Vannacci è stato il primo anche al corso di Stato maggiore. Uno dei suoi ufficiali ci ha detto: “Questo è il suo problema, è un militare, punto e basta. Uno bravo, che non scende a patti con la politica”.
È questa la chiave per analizzare la sua carriera. Per il suo valore la politica lo ha spedito in tutti i teatri di guerra possibili, con congrui vantaggi di carriera, stipendiali e pensionistici rispetto a chi restava nei ranghi. Ma la permanenza all’estero lo ha reso alieno alle alte gerarchie in patria. Giunto al grado di generale di divisione, vero collo di bottiglia nella carriera militare nell’esercito, la politica lo ha premiato. Il Governo lo ha posto sul binario parallelo delle missioni diplomatiche, dove non c’è concorrenza per l’avanzamento, lo ha inviato nella sede prestigiosa di Mosca, e in qualche modo gli ha dato il suo imprimatur. Ma in agguato c’erano Putin e la sua guerra che lo hanno riportato in Italia. E giunto in patria, il nuovo Governo – di indirizzo diverso – e le alte gerarchie, a lui aliene, hanno ridimensionato le sue aspirazioni.
Va detto, infine, che a dispetto ed a prescindere dai contenuti, Roberto Vannacci sta facendo notizia nei media mainstream perché trascinati nella vicenda, che altrimenti sarebbe marginale, dal clamore mediatico nei social media. Clamore social che alla fine diventerà il miglior mezzo di propaganda per il saggio del generale. La pubblicazione di Un mondo al contrario, che circola molto anche in versione “pdf free” nei canali social, sta dimostrando la decadenza dei media tradizionali, anche in virtù dell’algoritmo delle piattaforme social studiato per intrattenere e non per informare. Senza sbilanciarsi in previsioni, visto che il meccanismo mediatico propagandistico è complicato, ed esposto a manipolazioni, si può certamente dire che quanto sta accedendo al libro e al generale getta un’ulteriore ombra – come se tutte le altre non bastassero – sul futuro dei media tradizionali, dove i vari attori sgomitano per mettersi sotto i riflettori e si tirano in causa a vicenda per dare un senso alle rispettive esistenze. Le insegne dell’impero mediatico stanno per trasferirsi altrove.
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