Il caldo in quest’estate 2024 ci sta soffocando. I lavoratori possono richiedere la cassa integrazione – come previsto dall’INPS – non solo se la temperature è oltre un determinato limite (che vedremo a breve) ma farà fede anche la tipologia di attività svolta.
Il messaggio dell’ente previdenziale sociale è chiaro:
“La valutazione dell’integrabilità della causale richiesta non deve fare riferimento solo al grado di temperatura, ma anche alla tipologia di attività svolta e alle condizioni nelle quali si trovano concretamente a operare i lavoratori”.
Cassa integrazione accettata per il caldo 2024: ma a quali condizioni?
Soltanto a giugno del 2024 l’INPS ha ricevuto ben 35,29 milioni di ore come cassa integrazione e con una riduzione del 25,3% su maggio e un aumento del 20% rispetto a giugno dello scorso anno (2023).
L’INPS ha stabilito che:
“In considerazione dell’eccezionale ondata di calore che sta interessando tutto il territorio nazionale e dell’incidenza che tali condizioni climatiche possono determinare sulle attività lavorative e sull’eventuale sospensione o riduzione delle stesse è possibile richiedere la cassa integrazione a patto che la temperatura (anche percepita) sia superiore a 35 gradi”.
Le causali da inserire dipendono dalla richiesta: se l’ordine provenisse dalla pubblica autorità allora i datori di lavoro potranno far domanda inserendo: “sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori“.
Se invece i datori di lavoro pensano che le temperature siano eccessive tanto da condizionare l’operato dei lavoratori o che la loro salute possa essere in pericolo, è sufficiente far domanda per una integrazione salariale e come causale inserire: “evento meteo per temperature elevate”.
Nel messaggio dell’INPS l’ente previdenziale ha sottolineato che la domanda per la cassa integrazione dovuta all’eccessivo caldo può essere ammessa anche se dopo un’attenta valutazione si appura che il lavoratore – costretto a lavorare sotto i raggi del sole – avverte una temperatura più alta di quella reale per gli strumenti che indossa (ad esempio tuta protettiva o casco).
La stessa valutazione avrebbe il medesimo risultato se il lavoratore lavora al chiuso ma senza alcun sistema di raffreddamento oppure ventilazione.