Sabino Cassese approva l’idea del premierato, ma critica la riforma perché adotta strumenti sbagliati. Ne parla a La Stampa, spiegando che “va nella direzione giusta, quella di stabilizzare i governi e di dare maggiore coesione ad essi”, ma ne evidenzia il limite sopracitato. Comunque, per l’ex ministro della Pubblica amministrazione nel governo Ciampi c’è un solo punto critico, l’investitura. “Se il Presidente del Consiglio venisse eletto direttamente dal popolo, avrebbe un’investitura più forte e solenne del Presidente della Repubblica, che viene eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato dai rappresentanti regionali”.
Quindi, il premier avrebbe un’investitura diretta, mentre il Capo dello Stato una indiretta. “Ma anche a questo si può rimediare”, osserva Cassese. L’intenzione di modificare la Costituzione, comunque, non è nuova, infatti l’ex giudice costituzionale ricorda che “già alcuni dei costituenti, subito dopo l’adozione della Carta costituzionale, ritenevano che la prima parte guardasse lontano, la seconda parte fosse miope”.
CASSESE “RIFORME TRATTATE DA PICCOLE MENTI…”
Nel complesso, la Costituzione ha retto bene, ma contiene un “principio di costituzionalismo trasformato”. Il problema per Sabino Cassese è che la classe dirigente l’ha attuata in maniera lenta, in altri casi ha ignorato molti articoli. Le critiche sono rivolte anche ai partiti, che “hanno perduto la loro natura di associazioni e sono diventati ormai comitati elettorali, piccole oligarchie: basta vedere il numero degli iscritti, la loro ramificazione territoriale, la frequenza delle riunioni degli organi collegiali, il modo di formulare i programmi”. Questa modifica, però, non va fatta dalla Costituzione, ma dal sistema politico stesso, avverte a La Stampa.
Per quanto riguarda il tema della riforma costituzionale, Cassese evidenzia che negli ultimi 25 anni, “se ne sono impadronite piccole menti capaci di tattiche, non di strategie. Gli effetti non sono gravi e ora bisognerebbe almeno lavorare sui livelli essenziali delle prestazioni” per assicurare alcuni standard minimi di prestazioni a tutti, in modo eguale. Passando al capitolo autonomia, Cassese rimarca che “comporta differenziazione”. Quindi, per avere un ordinamento uniforme, bisogna affidarsi “a un sistema centralizzato e ordinato in maniera uniforme sul territorio, governato dai prefetti, dal genio civile, dai provveditorati agli studi e così via”. Assicurando parità di diritti a tutti, non c’è motivo per le regioni, secondo l’ex giudice costituzionale, di non differenziarsi e competere, diventando modelli di riferimento.