«Lo Stato di diritto è violato». Se a dirlo è l’opposizione, è facile pensare a critiche di parte. Quando però lo afferma un giudice emerito della Consulta, allora siamo oltre gli attacchi politici. Nel caso specifico ci riferiamo alle dichiarazioni di Sabino Cassese, che sulle colonne del Corriere della Sera ha parlato del Dl Rilancio. Si parte da una importante premessa: queste elargizioni peseranno sulle tasche degli stessi italiani. «Come nella crisi del 1929-33 (e in parte in quella del 2008), tutta la collettività, la cui salute è stata salvaguardata dal contenimento, pagherà il costo di questo risarcimento». Gli italiani dovranno infatti «accollarsi il debito relativo (con l’aiuto dell’Unione europea che servirà a diminuire il costo del debito)». Questo, spiega Cassese, produce un «forte aumento del potere dello Stato come intermediario finanziario». A proposito, invece, dello strumento usato dal governo, il decreto legge, ricorda che la Costituzione prevede che si debba ricorrere ad esso «in casi straordinari di necessità e di urgenza».
CASSESE CONTRO CONTE “OPPOSIZIONI HANNO RAGIONE”
Il carattere dell’urgenza aveva senso, considerando l’emergenza coronavirus, se fosse stato emanato rapidamente. Invece era stato annunciato due mesi fa ed ora deve passare al vaglio del Parlamento, che tra l’altro è impegnato nella conversione di altri simili provvedimenti. A tal proposito, Sabino Cassese ricorda che il governo ne ha prodotti ben 11 dal 23 febbraio. Il giudice emerito della Consulta cita anche le quattro proposte “omnibus” che le Camere hanno dovuto trattare negli ultimi sei-sette mesi: come il Bilancio, Milleproroghe, Decreto fiscale e Cura Italia. «Le opposizioni hanno ragione nel lamentare (mozione dell’11 aprile) che lo Stato di diritto è violato», scrive Cassese sul Corriere della Sera. Inoltre, sottolinea che «il Parlamento non è messo nelle condizioni di poter vagliare questa massa di atti disparati, che rimangono solo sotto l’occhio (si spera vigile) della Ragioneria generale dello Stato». Per tutte queste ragioni ritiene che «l’azione di governo ha un ciclo oscuro, vive alla giornata, non sceglie né gli strumenti né i tempi giusti».
CASSESE “NORME SEMBRANO SCRITTE DA TEOLOGO MEDIEVALE”
Tante le domande che si pone Sabino Cassese, interessanti le riflessioni sui tempi dello Stato che «non corrispondono agli obiettivi e alle esigenze della crisi». Soprattutto se si tiene conto di norme che, secondo il giudice emerito della Consulta, «sembrano scritte da un teologo medievale». Ci si lamenta della burocrazia che ha “inceppato” l’azione governative, ma se fosse stato il governo a ingessarla con le sue norme? «Si sommano qui la storica inadeguatezza degli uffici di staff dei ministri e la scarsa attenzione per la realizzazione delle promesse di politici impegnati nella rappresentanza e nella comunicazione», scrive Cassese sul Corriere della Sera. Un altro aspetto, tutt’altro che secondario, riguarda le ricadute economiche. Anziché puntare sul «risarcimento», definito spesso «assistenzialismo», poteva invece «moltiplicare i suoi investimenti, sbloccando le procedure arrugginite, e per sgravare di vincoli, anche fiscali, gli investimenti privati, in modo da dare un impulso all’economia in generale, con ricadute in tutti i settori».