Per essere intervenuto – tra l’altro da remoto – all’ormai famoso convegno in Senato organizzato da Armando Siri (Lega) e Vittorio Sgarbi – con presenti Matteo Salvini, Andrea Bocelli e i medici come Zangrillo e BassettiSabino Cassese è stato tacciato esattamente come tutti gli altri relatori con il termine dispregiativo di “negazionista”. Ecco, pur avendo attaccato a più riprese il Premier Giuseppe Conte per i vari provvedimenti politici intrapresi durante l’emergenza Covid-19, il Presidente Emerito della Corte Costituzionale non ci sta a passare per uno che “nega” la pandemia e così sul Foglio di oggi risponde punto su punto alle critiche piovute dopo la partecipazione al convegno contro lo stato d’emergenza prorogato dal Governo (con voto in Parlamento). «Sono rilevanti diversi aspetti: luogo, corrispondenza con altre opinioni, motivi, persone, rifiuto del dialogo, limiti della tolleranza. Comincio dal luogo. Era una sala del Senato della Repubblica italiana, uno spazio nel quale poter esprimere il proprio pensiero», si difende Cassese esaltando l’elogio della tolleranza in merito agli altri relatori come lui presenti/collegati al Senato.



CASSESE E IL RISPETTO DEGLI “AVVERSARI”

«Non sono intervenuto per schierarmi con questo o con quello, ma ero stato invitato per esprimere opinioni che avevo più volte manifestato per iscritto», spiega Cassese ancora al Foglio ribadendo come il “Trattato sulla tolleranza” di Voltaire sia la stella polare del suo agire, «E’ intollerante chi non riconosce l’altro, “se non la pensa in tutto come me”. La tolleranza comporta il dialogo, l’accettazione delle differenti opinioni. Non è condizione del dialogo che l’opinione dell’uno corrisponda con quelle dell’altro». Dunque non è lui ad essere negazionista sul Covid – anche perché Cassese ha sempre ribadito la pericolosità della pandemia – ma è invece intollerante chi non rispetta/riconosce le idee diverse, con chiaro riferimento a Conte e ai partiti di maggioranza. Secondo il giurista emerito lo stato d’emergenza non andava non solo prorogato ma neanche stabilito nella fase 2 e 3: «doveva cessare per assenza del presupposto (l’emergenza) e per la disponibilità di altri strumenti per affrontare lo stato attuale dell’epidemia, strumenti che sono elencati dalle leggi del 1934 e del 1978 e che sono più coerenti con quell’articolo della Costituzione (32) per cui il diritto alla salute è un “diritto fondamentale dell’individuo”, ma anche “interesse della collettività”».

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