Molto critico con il Governo Conte, sempre teso a “vigilare” il tema centrale della giustizia e con una speranza in più per il futuro del Paese con Mario Draghi alla guida: stiamo parlando di Sabino Cassese, presidente emerito della Consulta e tra le voci più autorevoli in questo particolare e strano momento storico dopo gli intrecci tra politica, giustizia e diritti si intrecciano su più temi. Se ieri avevamo sottolineato il parere “pro” Draghi sulla gestione del PNRR, oggi le parole di Cassese rilasciate a “Libero” muovono su un asse diverso e tutto teso alla prossima riforma della giustizia del Ministro Cartabia.
La situazione è definita “critica” e vengono spese parole cariche di speranza per il pacchetto di riforme allo studio della Guardasigilli: «È partita col piede giusto, cercando rimedi alla lunghezza dei processi, perché l’organizzazione e il funzionamento della giustizia sono molto rudimentali. Dovrà poi passare al più spinoso tema delle procure e del Consiglio superiore della magistratura. Qui si scontrerà contro con quel 20 per cento di magistrati che sono addetti alle funzioni investigative e che hanno trasformato gli organi di accusa in un nuovo potere dello Stato». Per il presidente emerito della Corte Costituzionale, la perdita di credibilità della giustizia si è accentuata dopo il caso Palamara ma era in atto già da tempo: «la magistratura ha colpito sé stessa con la stessa arma usata per mettere alla gogna cittadini onesti».
CASSESE: “LA DIFFERENZA TRA DRAGHI E CONTE”
Secondo il giurista Cassese, vi è ineludibile il problema di certi pm che sembrano alle volte travalicare i limiti stessi della Costituzione: «procuratori-investigatori hanno sviluppato un nuovo potere dello Stato, che certamente va oltre il dettato costituzionale. Pensi soltanto a quella norma dell’articolo 111 della Costituzione secondo la quale la persona accusata di un reato è “informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico”. Le pare una norma rispettata?». Nella lunga intervista a Senaldi su “Libero” il presidente emerito della Consulta ribadisce come le grandi inchieste su Palamara e i verbali Amara-Csm non hanno fatto altro che evidenziare diverse problematiche che però non esauriscono le urgenze più gravi nella magistratura, «quali poteri ha il capo di una procura? Possono i pro- curatori muoversi del tutto liberamente, come se fossero giudici giudicanti?».
Dalla giustizia alla politica, le differenze in questi pochi mesi tra i due stili diversi di gestione della pandemia tra Conte e Draghi vengono evidenziati con nettezza da Sabino Cassese: da un lato il Conte-bis paga «L’errata gestione dei rapporti con le Regioni che ha trasformato l’Italia in un Paese ad Arlecchino. L’incertezza dell’indirizzo politico. Le molte parole e i pochi fatti. L’adozione continua di norme incomprensibili. L’imprevidenza (non si poteva partire prima con i vaccini?). L’abuso dei Dpcm. L’accentramento a Palazzo Chigi per non fare». D’altro lato, l’ex BCE ha un certificato di credibilità internazionale che nessuno ha in Italia, «Guida il governo come può condurlo una persona che conosce la politica e la macchina. Pronuncia poche parole e fa molti fatti. Ha una base parlamentare più ampia. Anche nel governo Draghi ci sono dei “nei”, come l’aver adottato un Dpcm, l’aver prorogato l’emergenza, il lasciare che qualche ministro parli troppo per “comunicare”, invece che per annunciare decisioni», conclude Cassese.