La 13enne aggredita con un paio di forbici da due coetanee, sue compagne di classe, in un giardino pubblico di Castelbelforte, nel Mantovano, sarebbe ancora grave ma non in pericolo di vita e le indagini sull’accaduto proseguono nel massimo riserbo. Lo riporta il quotidiano La Gazzetta di Mantova che, nelle scorse ore, ha pubblicato un intervento della criminologa Roberta Bruzzone sulla drammatica vicenda che ha interessato la minore. L’attenzione dell’esperta si focalizza anzitutto sull’aumento di casi che coinvolgono minori di 14 anni in azioni violente ai danni di altri giovanissimi. “Spesso si tratta di aggressioni progettate in maniera lucida“, ha precisato Bruzzone al giornale, ricalcando il contorno di condotte che frequentemente avrebbero come obiettivo quello di “punire” un soggetto “percepito come pericoloso competitor“.
Nei casi di cronaca che vedono protagonisti sotto i 14 anni, aggiunge Roberta Bruzzone, gli strumenti giudiziari “sono molto ridotti” in quanto soggetti “sotto soglia di punibilità“. Per la criminologa è fondamentale che siano segnalati al Tribunale dei minori e che vengano sottoposti a una “valutazione psicologica” così da mettere in atto una serie di interventi che consentano di contenerne la “pericolosità sociale“.
Il caso di Castelbelforte e violenza tra minori, Roberta Bruzzone: “Valutare strutture specializzate”
La 13enne aggredita e colpita con delle forbici da due coetanee a Castelbelforte, secondo quanto emerso nelle ultime ore e riportato dalla Gazzetta di Mantova, dovrebbe essere sottoposta a un intervento chirurgico al polso per scongiurare il rischio che perda la funzionalità della mano a causa delle lesioni ai tendini rimediate durante la brutale aggressione. Le sue condizioni sarebbero ancora gravi, ma non verserebbe in pericolo di vita dopo aver riportato un trauma cranico e diverse ferite da taglio sulla nuca e sul volto.
Per i minori che si rendono autori di simili violenze, secondo Roberta Bruzzone sarebbe necessario valutare un eventuale inserimento in strutture specializzate che possano adeguatamente contenerne la pericolosità sociale e affrontare in modo adeguato “le problematiche che solitamente sottendono comportamenti aggressivi di questa portata“. La criminologa Roberta Bruzzone ne ha parlato ai microfoni dello stesso quotidiano sottolineando un altro aspetto: la possibile presenza, in questi scenari, di “segni evidenti di disturbo della personalità (…)“, situazione che la famiglia, anzitutto i genitori, non avrebbero gestito nel modo corretto.