Caster Semenya ha vinto la causa alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha definito “discriminatoria” e “irrispettosa del diritto alla privacy” la sua esclusione dalle competizioni per le “differenze di sviluppo sessuale” (DSD) di cui è portatrice. La mezzafondista sudafricana, due volte olimpionica e tre volte iridata negli 800 metri, aveva dovuto abbandonare le gare nel 2019 per le misure drastiche della federazione internazionale sulle atlete DSD. La decisione era stata anche validata dal Tas di Losanna. Critiche si diffusero in tutto il mondo, ma ora la questione si riapre, non solo per lei, ma anche per altre atlete DSD.
Stando alla Corte europea dei diritti dell’uomo, a Caster Semenya spetta un risarcimento e impone che venga eliminata la discriminazione per “tutte le atlete nelle stesse condizioni“. L’organo di giustizia, in un comunicato ufficiale, spiega che la Corte ha rilevato in particolare che all’atleta “non sono state concesse sufficienti istituzioni e garanzie procedurali per consentirle di esaminare efficacemente le sue denunce“, soprattutto perché “riguardavano affermazioni comprovate e credibili di discriminazione come risultato del suo aumento del livello di testosterone causato dalle differenze di sviluppo sessuale (DSD)“.
“CASTER SEMENYA DISCRIMINATA SUL SESSO”
Per la Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso di Caster Semenya, è stato “oltrepassato lo stretto margine di apprezzamento che riguardava la discriminazione fondata sul sesso e sulle caratteristiche sessuali” che richiedevano “ragioni molto gravi” come giustificazione. “L’alta posta in gioco del caso avrebbe dovuto portare a un esame approfondito, che non c’è stato“. La Corte è andata molto a fondo nella vicenda precisando che ci sono “seri interrogativi sulla validità della normativa sulle atlete DSD“, soprattutto per quanto riguarda “gli effetti collaterali della cura ormonale (obbligatoria se si vuole gareggiare tra le donne, ndr), la potenziale impossibilità degli atleti di mantenersi in regola con il Regolamento DSD e la mancanza di prove sul fatto che le atlete DSD abbiano un effettivo vantaggio significativo nelle gare di 1.500 e 1 miglio“.
IAAF “GIUDIZIO CONTRO LA SVIZERA”
La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di fatto boccia completamente il regolamento di World Athletics che peraltro dall’anno prossimo sarà più restrittivo, con l’esclusione da tutte le specialità dell’atletica, costringendo la federazione a prendere urgentemente dei provvedimenti. La replica di Sebastian Coe, presidente della federazione (International Association of Athletics Federations), è particolarmente dura: “Notiamo che il giudizio ha diviso in due i magistrati, ma notiamo anche che questo giudizio, che protegge i diritti degli atleti, è stato espresso contro lo stato svizzero (era stata la Corte Federale Svizzera a ratificare la decisione del Tas, ndr) e non contro la federazione, quindi in regolamento resta in vigore: decideremo con il governo svizzero se appellarci alla Camera Suprema della Corte“.