Un’altra grana per AstraZeneca: il caso Catalent rischia di finire al Consiglio europeo oggi. Nei depositi-frigo dell’azienda di Anagni sono stati trovati 29 milioni di vaccini, almeno la metà destinata a paesi extra Ue, secondo quanto riportato da Repubblica, che cita fonti qualificate del governo. La casa biofarmaceutica anglo-svedese respinge ogni accusa, spiegando che 13 milioni di quelle dosi erano destinate al Covax, il programma internazionale dell’Oms che si pone come obiettivo la fornitura di vaccino ai Paesi più poveri. «Quelle dosi sono state prodotte fuori dall’Unione Europea e sono state portate ad Anagni per l’infialamento», recita una nota. Quindi, le altre 16 sono per l’Europa, di cui 10 milioni da consegnare all’Ue nell’ultima settimana di marzo.



Ma a Bruxelles non si fidano, infatti la task force della Commissione Ue si aspetta conferma «sull’esatta provenienza dei lotti individuati ad Anagni», ribadendo «l’importanza della trasparenza sul numero di dosi prodotte nei siti europei di AstraZeneca». Una fonte dell’Eliseo, invece, spiega che si sono accorti che «in alcuni casi Covax è stato usato per aggirare il meccanismo di controllo europeo, e per esportare vaccini verso Paesi ricchi».



ASTRAZENECA, AZIENDA CATALENT PRESIDIATA

Quanto accaduto ad Anagni, e segnalato da La Stampa, è diventato un giallo internazionale. La struttura ora è presidiata all’esterno dalla sicurezza e all’interno dalle forze dell’ordine. I giornalisti non possono neppure entrare nel parcheggio. La notizia è finita pura sul Financial Times, precisando che è stata pure confermata da un alto funzionario francese. Ora la stampa internazionale è in fermento, oltre alla politica. «Non hanno trovato irregolarità. Il vaccino è fermo nei refrigeratori in attesa che siano completati i controlli», dichiara a Repubblica Barbara Sambuco, la direttrice dello stabilimento della Catalent, dove lavorano 800 dipendenti. Dopo essere infialato, il vaccino viene sottoposto a controlli chimici e di sterilità che durano anche 18 giorni. «Dobbiamo essere sicuri che le fiale non contengano microrganismi. Ne prendiamo alcune a campione e le lasciamo incubare per almeno 15 giorni. Se a quel punto non si sono formati microbi, siamo sicuri che siano sterili. Sono processi biologici, non possono essere accelerati».



I CONTROLLI E LE NORME UE

Nel frattempo AstraZeneca conduce controlli sulla materia prima, che sono più complessi e necessitano alleno di due mesi, a volte tre. «Quando arrivano i risultati, AstraZeneca ci dà il via libera per il rilascio delle fiale. A quel punto i vaccini possono lasciare Anagni», spiega a Barbara Sambuco a Repubblica. Inoltre, precisa che i vaccini vengono mandati in due centri di distribuzione in Belgio, da dove partono per la destinazione finale. Pur essendo vaccini destinati al di fuori dell’Ue, sono loro a chiedere l’autorizzazione all’export al ministero degli Esteri: «È previsto dalle norme europee. Noi siamo lo stabilimento di manifattura. Spetta a noi mandare una pec alla Farnesina e chiedere l’autorizzazione all’export. Ma solo dietro richiesta di AstraZeneca». Le dosi destinate all’Europa però possono essere prodotte solo in stabilimenti certificati dall’Ema: «Sì è così, ma queste sono regole che non dipendono da noi».