Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ne ha parlato in sede di presentazione del Piano strutturale di bilancio di medio termine: il catasto va aggiornato inserendo le proprietà immobiliari che oggi non sono registrate e adeguando le rendite delle case che hanno utilizzato il superbonus per le ristrutturazioni. Un annuncio che ha scatenato polemiche, ma che in realtà, spiega Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, comporta solo l’applicazione di norme già esistenti. Le uniche intenzioni preoccupanti sul catasto sono quelle dell’Unione europea, che ne chiede l’aggiornamento per aumentare la tassazione sugli immobili.
Il ministro Giorgetti, in sede di presentazione della legge di bilancio, ha parlato della necessità di adeguare le rendite catastali per chi ha usufruito del superbonus 110%. Cosa ne pensa Confedilizia? È un adeguamento dovuto? Cosa significa per i proprietari degli immobili?
Come il Ministro Giorgetti ci ha pubblicamente dato atto, noi siamo stati i primi a chiarire, pochi minuti dopo le sue dichiarazioni in Parlamento, che queste non dicevano nulla di nuovo, limitandosi a ricordare la necessità di applicare norme esistenti. L’obbligo, per chi fa alcuni interventi edilizi, di comunicarlo al catasto non ha nulla a che fare né col superbonus né con gli altri incentivi edilizi e vige da sempre per consentire all’amministrazione finanziaria di decidere se gli interventi in questione siano tali, a suo avviso, da determinare una variazione dell’inquadramento catastale e quindi della rendita (decisione, peraltro, impugnabile dall’interessato). Nulla di nuovo.
La precedente legge di bilancio prevedeva che l’Agenzia delle Entrate verificasse l’effettiva presentazione delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni. I controlli sono stati fatti? Chi aveva l’obbligo di comunicare le variazioni?
Se i controlli siano stati fatti, non so dirlo, ma, come ripeto, si tratta di regole in essere da sempre. Le variazioni devono comunicarle i proprietari, attraverso tecnici incaricati.
L’aumento delle imposte in caso di appartenenza degli immobili a nuove categorie in seguito a lavori di ristrutturazione quanto può incidere? Per la pubblica amministrazione può portare a una significativa crescita delle Entrate?
Le imposte calcolate su base catastale sono essenzialmente l’Imu, l’imposta di registro e una piccola parte dell’Irpef. Per l’Erario non vedo grandi guadagni, considerato anche che il primo di questi tributi è di spettanza dei Comuni.
Secondo Giorgetti il catasto va aggiornato, oltre che adeguando le rendite per chi ha usato il superbonus, inserendo anche le cosiddette “case fantasma”. Misure che servono a rendere più efficiente il fisco. Secondo alcuni sarebbe uno degli interventi per chiedere alla UE di ottenere sette anni per i tagli chiesti dal Patto di stabilità. Un’interpretazione che ci può stare?
Cercare le “case fantasma”, oltre a essere un dovere di uno Stato minimamente ordinato, è anche un impegno assunto dal Governo e dal Parlamento con la riforma fiscale approvata poco più di un anno fa, quando si è stabilito il principio di “prevedere il potenziamento di strumenti e modelli organizzativi che favoriscano la condivisione dei dati e dei documenti, in via telematica, tra l’Agenzia delle Entrate e i competenti uffici dei comuni, anche al fine di facilitare e accelerare l’individuazione degli immobili non censiti e degli immobili abusivi”. Se la Commissione UE non avesse retropensieri mirati all’aumento della tassazione, si tratterebbe di un’interpretazione ben fondata.
La UE ha più volte chiesto un aggiornamento generale del catasto italiano, di revisione dei dati. Sullo sfondo della situazione attuale rimane ancora questa richiesta? Cosa significherebbe per i proprietari italiani?
Nella precedente risposta ho fatto riferimento, non a caso, a retropensieri. In realtà il pensiero della Commissione europea è del tutto palese: in ogni documento rivolto all’Italia chiedono al nostro Paese di aggiornare il catasto all’esplicito fine di aumentare la tassazione sugli immobili e con le risorse ricavate finanziare una riduzione dell’imposizione sul lavoro. Si tratta di un approccio assolutamente inaccettabile, che dovrebbe finalmente cessare. Ma dubito che accadrà.
(Paolo Rossetti)
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