Compie 30 anni il Catechismo della Chiesa cattolica, che veniva illustrato agli occhi del mondo il 7 dicembre 1992 da San Giovanni Paolo II con un discorso solenne. “Vatican News” ne riporta un passaggio significativo: l’obiettivo finale era quello di “esporre i contenuti della fede in modo conforme alla verità biblica, alla genuina tradizione della Chiesa e in particolare agli insegnamenti del Concilio Vaticano II”, facendo “lo sforzo di porre in evidenza ciò che nell’annuncio cristiano è fondamentale ed essenziale”, con l’impegno di “riesprimere, con un linguaggio più rispondente alle esigenze del mondo d’oggi, la verità cattolica perenne”.
Come ricostruito, il lavoro di stesura del Catechismo della Chiesa cattolica impegnò un arco temporale pari a 72 mesi (di fatto, sei anni) e venne eseguito da parte di una commissione composta da 12 cardinali e vescovi e da un comitato di redazione di sette vescovi diocesani esperti di teologia e catechesi, guidati da Joseph Ratzinger, all’epoca cardinale e prefetto per la Congregazione della dottrina della fede.
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA: LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO
È ancora “Vatican News” a ricordare che a 25 anni di distanza dalla Fidei depositum, precisamente l’11 ottobre 2017, Papa Francesco rammentò l’importanza del Catechismo della Chiesa Cattolica per “la sua capacità di presentare con un linguaggio rinnovato la bellezza della fede in Gesù Cristo. Uno strumento importante, non solo perché presenta ai credenti l’insegnamento di sempre, in modo da crescere nella comprensione della fede, ma anche e soprattutto perché intende avvicinare i nostri contemporanei, con le loro nuove e diverse problematiche, alla Chiesa, impegnata a presentare la fede come la risposta significativa per l’esistenza umana in questo particolare momento storico”.
Peraltro, Bergoglio sottolineò la volontà di revisionare l’articolo 2267 sulla pena di morte, riscritto nel 2018. Questo il nuovo passaggio del Catechismo sull’argomento: “Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune, ma oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi”.