Sembra che la risposta a tutti gli interrogativi politicamente significativi, attualmente emergenti, non sia tanto di natura prevalentemente economica, come abbiamo sentito ripetere durante il dibattito sulla legge di bilancio. Riguarda piuttosto il modo in cui possano convivere e – possibilmente – collaborare le diverse parti di un Paese, i suoi partiti, a destra e a sinistra, ciascuno con il suo modello ideologico e organizzativo. Serve una nuova visione dello sviluppo del Paese, che superi antiche e spesso drammatiche contrapposizioni. La speranza, infatti, è che, nonostante la diversità che caratterizza maggioranza e opposizione, si possa superare il clima di conflittualità permanente che da anni ci affligge. Quella vis polemica che porta più a sconfiggere chi è al governo, in una perenne campagna elettorale, che non a costruire soluzioni efficaci per tutti. E la proposta emergente, invocata da tutti, anche se non tutti sanno esattamente in che cosa consista, riguarda il centro. A sinistra il famoso “terzo polo” per alcuni e a destra il classico centro, con le sue diverse evoluzioni.
Quel che appare sufficientemente chiaro nell’opinione pubblica, anche se in modo ancora poco strutturato o forse non ancora ben ri-elaborato, è che il centro costituisce comunque, da sempre, la casa dei cattolici, il loro habitat naturale, sia che lo si guardi da destra che da sinistra. Lo è perché è il luogo del dialogo e della mediazione, dell’ascolto reciproco e della ricerca di soluzioni condivise. Così è stato durante gli oltre quarant’anni di governo della Democrazia cristiana, fintanto che è rimasta fedele alla sua visione “cattolica” del Paese, dal momento che cattolico questo significa: universale. Ci si chiede oggi cosa dovrebbe caratterizzare un centro capace di garantire un modello autentico di rispetto per la libertà di tutti, di stabilità politica, di sviluppo economico, di equilibrio valoriale, di dibattito culturale pluralista senza essere relativista. Aperto ed inclusivo, consapevole della necessità di dover porre argini alla velleità superficiale di chi ha perso l’antica percezione che lega diritti e doveri in una democrazia matura e responsabile. Ci si chiede, dunque, dove e come debba organizzarsi il centro di cui tutti parlano e a cui tutti in un certo senso guardano, e quale sia il ruolo dei cattolici nel centro è al tempo stesso la nuova domanda di senso e la nuova speranza, quasi una utopia, che si vede profilarsi nell’orizzonte politico.
Il prossimo 18 di gennaio a Milano si riuniranno i cattolici del Pd, anche loro in cerca di risposte e forse intenzionati a gettare le basi per formulare nuove proposte, data l’oggettiva irrilevanza a cui sono esposti da quando la Schlein ha preso le redini del Pd, portandolo ad un invidiabile 20%, ma con l’evidente impossibilità di oltrepassare questo valore. Troppo forte è la resistenza dei cattolici a sostenere questo Pd che in questi ultimi anni hanno giudicato lontano dai loro sogni. In questo Prodi, recentemente tornato a farsi sentire, è stato molto chiaro: ci vuole un cattolico per vincere a sinistra, ma i cattolici che pure sono a sinistra non hanno sufficientemente voce per farsi ascoltare e non vogliono questa sinistra. Almeno finché la Schlein continua con il ritornello di un’opposizione priva di proposte alternative, e pericolosamente schiacciata su di un modello funzionale alla Cgil, con la pretesa velleitaria di voler sottomettere un M5s in cerca di identità.
I cattolici del Pd, almeno quelli della prima generazione, a provenienza Margherita, affondano le loro radici nella vecchia squadra dei giovani Dc. Per quanto possa sembrare sorprendente sono tutti di quella generazione e di quella storia, con sogni ed ideali tipici di giovani innamorati di una politica fatta più di valori che di potere. Hanno vissuto gli ultimi bagliori di un partito che ha realizzato il miracolo italiano sul piano della ripresa economica, industriale e culturale; ma poi è stato quasi costretto a negare le sue radici, sistematicamente umiliate ed offese da compagni di strada che riproponevano solo una visione dell’ultima Dc, schiacciata su di una storia di tangenti e corruzione. Una storia in parte vera, ma in gran parte falsa o falsata da chi sognava da anni di sostituire quella classe di governo. Uno strano connubio quello dei Ds e della Margherita, soprattutto della sua area cattolica, di quasi 20 anni fa. Il prezzo più alto, è noto a tutti, è stato pagato sul fronte dei temi eticamente sensibili, in cui il cedimento è stato progressivo su tutti i fronti, fino all’attuale proposta di legge sull’eutanasia. Guai a chiamarla così, ma questo è il rischio concreto che si corre con l’attuale ddl in discussione in Senato. In questi anni la voce dei cattolici posizionati a sinistra con il Pd si è fatta sempre più flebile, almeno pubblicamente, mentre privatamente molti di loro hanno spesso espresso riserve e perplessità.
Ora sono in molti a guardare con interesse a cosa accadrà a Milano il 18 gennaio e avanzano alcune ipotesi oggettivamente interessanti: prenderà forma una vera e propria corrente di cattolici nel Pd, così come nelle migliori tradizioni dell’antica Dc? E chi potrebbe esserne il frontman, il leader, dopo anni di silenzio? Un uomo sostanzialmente diverso dall’attuale establishment, per cui hanno smesso di andare a votare, non potendo sopportare l’attuale stato di cose? Dove cercheranno questo nuovo leader, forse nella società civile, escludendo l’attuale classe politica, e segnando quindi un’ulteriore sconfitta per la classe politica che non è stata all’altezza delle sue stesse aspettative? Assisteremo ad un’ennesima spaccatura del Pd, con la Schlein che impone ancor più il suo stile in uno schieramento solo a parole progressista? Una Schlein incapace di andare oltre i suoi no, tanto decisi e determinati, quanto privi di contenuti?
Il prossimo 18 gennaio qualcuno di questi nodi si scioglierà e inevitabilmente creerà un contraccolpo anche nell’area della maggioranza, dove essere cattolici per certi versi sembra più facile, mentre in realtà pone assai più alta l’asticella della coerenza tra diritti e doveri, tra promesse e delusioni. Non sono pochi i cattolici di quest’area che, pur avendo apprezzato lo sforzo del governo per venire incontro a valori una volta definiti irrinunciabili, si rende conto che alla fin fine si è trattato solo di briciole con un bilancio che lascia in sospeso molti bisogni reali.
A sinistra i cattolici debbono tornare a far sentire la loro voce coraggiosamente, sottraendosi alle tentazioni di un pensiero dominato da un’ideologia del consenso, in cui il consenso è solo quella del leader del momento. Ma a destra, dove è più facile parlare ed esprimere il proprio punto di vista, i cattolici debbono ricordare che sono i fatti quelli che contano e non solo le belle parole. Si potrebbe aprire la strada ad una nuova e ben più feconda collaborazione tra tutti i cattolici, a destra e a sinistra, coerente nei principi e nei fatti; ma è proprio per questo che staremo tutti a vedere e a cercare di capire cosa accadrà dopo il 18 gennaio, che scenario si potrà aprire per tutti ed ognuno dei partiti in cui i cattolici sono impegnati a vivere una testimonianza pubblica della loro fede e delle loro convinzioni, nel pieno rispetto della reciproca libertà. Una sfida alta per tutti, che si apre nel solco dell’anno giubilare della speranza. Chissà.
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