Le ricorrenti analisi sull’irrilevanza pubblica dei cattolici italiani sembrano fissarsi prevalentemente su un aspetto. E cioè che questa latitanza dipenda dall’assenza di un partito di riferimento, da cui conseguirebbe un impoverimento per la società e la scena politica. Peraltro c’è chi rimarca che, nelle cariche istituzionali più alte, non sembrerebbero affatto mancare cattolici più o meno praticanti. Un paradosso: assenti o irrilevanti, eppure ovunque. Con quali esiti sociali?
Forse si dovrebbero usare due celebri versi di Montale, per fotografare questa impasse cattolica: “codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo / ciò che non vogliamo”. Ad esempio, i cattolici oggi non sono uniti su una molteplicità di questioni di principio (c’è chi parla di “protestantizzazione” dei cattolici) men che meno sulla politica. Sanno che non ritornerà la vecchia DC e non nascerà un qualsivoglia partito a tavolino e nemmeno per un ordine ecclesiale, che non ci sarà. Improbabile poi riportare i cattolici in qualche piazza per difendere una “cristianità” defunta o delegarla a una maggioranza parlamentare.
Nel contempo però molti cattolici, questo stesso papato, non vogliono una ritirata dalla società, un arroccamento silenzioso in qualche fortino morale in attesa di tempi migliori. Non a caso Matteo Zuppi, l’attuale guida dei vescovi italiani, ha indicato una “presenza per strada” come sfida per i cristiani, più qualificante dello stesso impegno politico. Una presenza motivata da una passione per la persona umana, il contributo più inderogabile e “laico” che i cristiani possono offrire alla società e alla stessa politica. Da questa passione per la persona conseguono molte declinazioni su temi come lavoro, equità sociale, libertà educativa, sostegno alla natalità, autentica laicità. Ma è anche, questa passione, il motore dell’attuale più vasta rete di solidarietà sociale che esista in Italia.
È evidente che questa opzione, cara a Zuppi e Bergoglio, non toglie molti impacci, di fronte a scelte decisive su grandi questioni valoriali. E non toglie la sensazione che i cattolici, e gli stessi vescovi, siano in mezzo a una traversata molto lunga. Tra Scilla e Cariddi. Tra una secolarizzazione senza più freni, da una parte, e, dall’altra, uno sconfinato bisogno degli uomini di vita dignitosa, di pace, solidarietà, giustizia, speranza che non trova risposte in questa società consumista. È uno sterminato bisogno che non lascia in pace la coscienza dei cattolici vivi. Non sarà il reperimento di un partito ad hoc a risolvere questa traversata e a ridare voce. C’è però pur sempre il metodo cristiano per eccellenza: confrontarsi per un giudizio comune, mettere assieme esperienze e domande, per costruire. Per tentativi.
L’incontro del 27 ottobre a Bologna, su “i cattolici nella società italiana: eclissi o nuova responsabilità?” è uno di questi tentativi. Con Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani, Marco Impagliazzo (S. Egidio), Davide Prosperi (CL), Galli della Loggia e Michele Brambilla.
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