Il recente articolo di Giuseppe Reguzzoni ha descritto bene l’attuale situazione della Chiesa in Germania. Vorrei, tuttavia, evidenziare qualche elemento aggiuntivo partendo dall’ottica di Benedetto XVI, il papa tedesco così acrimoniosamente e aggressivamente attaccato dai suoi compatrioti, vescovi inclusi.
Cominciamo dalla tassa ecclesiastica. Papa Benedetto più volte propose di eliminare la forma tedesca di tassazione dei cattolici. Dichiarava nelle Ultime conversazioni con Peter Seewald: “Effettivamente ho grossi dubbi sulla correttezza del sistema così com’è. Non intendo dire che non ci debba essere una tassa ecclesiastica, ma la scomunica automatica di coloro che non la pagano, secondo me, non è sostenibile”. In un colloquio con il sottoscritto disse chiaramente che il sistema italiano dell’ 8 per mille gli sembrava più equilibrato e che aveva suggerito ai vescovi del suo Paese di adottarne uno similare anche in Germania.
Proseguendo, nelle Ultime conversazioni dichiarava: “In Germania abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di fede. Credo che questo rappresenti il grande pericolo della Chiesa in Germania: ci sono talmente tanti collaboratori sotto contratto che l’ istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana”. La conclusione di papa Benedetto: una Chiesa più povera è da preferire a una ricca di mezzi nella quale gli impiegati nelle sue istituzioni non sono più credenti e spingono per adeguarsi alla mentalità del mondo piuttosto che allo spirito evangelico.
E qui viene la mia domanda: chi sono i progressisti e chi i conservatori? Sono progressisti il cardinal Marx e l’arcivescovo Bӕnzing, presidente dei vescovi tedeschi, ancorati alle loro strutture basate sul sostegno di tanti cattolici che sono tali solo di nome, oppure chi vuole fare delle vere riforme e restare nella comunione della Chiesa universale?
A questo punto subentra la tentazione, di tanto in tanto ricorrente nella storia tedesca, legata alla concezione della grande Germania di infausta memoria. Se ne ebbe una dimostrazione importante in occasione dell’ultima visita ufficiale di papa Benedetto in Germania. Il 23 settembre 2011 era prevista la visita del papa all’ex convento di Lutero ad Erfurt. Secondo alcune interessate anticipazioni provenienti anche da ambito cattolico, era stata diffusa la notizia secondo la quale nell’occasione il papa avrebbe compiuto un gesto clamoroso in favore dell’intercomunione tra cattolici ed evangelici nella celebrazione dell’Eucarestia. Il gesto tanto atteso, tuttavia, non venne compiuto per la netta differenza tra la comprensione cattolica dell’Eucarestia e quella evangelica della cena. Al contrario il papa definì l’attesa di importanti esponenti del cattolicesimo ufficiale un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo: “La fede non è una cosa che noi escogitiamo e concordiamo. È il fondamento su cui viviamo. L’unità cresce non mediante la ponderazione di vantaggi e svantaggi, bensì solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede mediante il pensiero e la vita”.
Interrogato al riguardo da Seewald, papa Benedetto non negò la contrarietà nei suoi confronti di quelli che egli definì esponenti del cattolicesimo ufficiale. Tra loro vi erano diversi vescovi ed anche Helmut Kohl, il cancelliere cattolico dell’unificazione del Paese. Dall’intercomunione tra cattolici ed evangelici essi si aspettavano un Paese più unito e forte sullo scenario internazionale. Cardinali e vescovi rimasero dunque delusi dal discorso del papa, al punto che un paio di giorni dopo a Friburgo, al momento del congedo prima ritorno a Roma del papa, diversi cardinali e vescovi rifiutarono di stringere la mano al pontefice.
Che fare allora? La situazione a mio avviso è seria, ma non disperata. Vi sono in Germania tante persone umili e sincere che sono poco e male rappresentate dagli attuali partecipanti al sinodo, i quali provengono in maggioranza dai dipendenti dalla Chiesa di cui parlava Benedetto. Un eventuale distacco dalla Chiesa universale sarebbe certamente doloroso, ma mostrerebbe anche la pochezza sia numerica che concettuale di quanti in realtà sono già lontani dalla Chiesa.
E poi vi è la preghiera. Seguendo le indicazioni tanto di papa Benedetto che di papa Francesco, i cattolici tutti sono invitati a pregare perché non abbia luogo la temuta scissione. E infine vorrei ricordare la sofferenza e la preghiera di papa Benedetto. Io sono convinto che già in terra egli offrì le sue preghiere e le sue sofferenze per la Chiesa che è in Germania. Anche dopo la sua morte egli non mancherà di chiedere all’amato Gesù la grazia di mantenere nell’ unità cattolica la Chiesa del suo Paese.
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