«L’Italia rappresenta un buon modello di gestione, sia durante la prima ondata sia in quelle successive, ma anche per la vaccinazione». A promuovere il nostro Paese è Roberto Cauda, direttore dell’Unità complessa di Malattie infettive del Policlinico Agostino Gemelli di Roma. «Abbiamo raggiunto una percentuale elevata, anche se mancano 7 milioni di persone, di cui 2,5 milioni al di sopra di 50 anni». Questo per Cauda «può rappresentare un problema perché potrebbero avere forme più gravi e quindi determinare uno stress sugli ospedali». Ne ha parlato a UnoMattina nella puntata di oggi, confermando comunque che «il giudizio è largamente positivo su come sono state gestite le cose in Italia». Per quanto riguarda, invece, la vaccinazione dei bambini è favorevole, ma al tempo stesso Cauda preferisce non sbilanciarsi. «Dobbiamo saperne di più, mancano ancora dei dati che sicuramente arriveranno».
CAUDA “PERCHÉ ANDREBBERO VACCINATI I BAMBINI”
«Siccome questa infezione durerà a lungo, anche se non sarà come in questi due anni, bisognerà pensare di ridurre la circolazione del coronavirus vaccinando anche i bambini», ha proseguito Roberto Cauda in collegamento con il programma di Rai 1. D’altra parte, l’infettivologo preferisce aspettare «che vengano date indicazioni dagli enti regolatori su efficacia e sicurezza, ma credo che non ci saranno problemi». Cauda si è espresso anche sulla decisione dell’Austria di introdurre il lockdown per i non vaccinati. «È una misura che ha aspetti epidemiologici interessanti, ma non sfuggirà che queste sono scelte che competono al decisore politico, perché dipendono anche dalle legislazioni dei paesi. Per me è meglio convincere che obbligare. È un modello estremo laddove la situazione diventasse insostenibile».