Nelle acque del lago di Suviana continuano le ricerche per i dispersi in seguito alla violenta esplosione della centrale idroelettrica di Enel, mentre gli inquirenti cercano di ricostruire la catena di eventi (ed eventuali colpe) che hanno portato all’ennesima tragedia sul lavoro. Numerosi, infatti, i dubbi sull’accaduto, trattandosi di un caso unico nel suo genere, avvenuto in un ambiente in cui non sono presenti macchinari a rischio esplosione, oppure gas o oli altamente infiammabili. Per ragionare sull’accaduto a Suviana, Repubblica ha interpellato Giuseppe Del Giudice, docente di Costruzioni idrauliche ed esperto di centrali simili a quella in cui si è verificata l’esplosione.



“A memoria mia”, sottolinea chiaramente, “non era mai avvenuto un incidente simile” del quale “neanche noi del settore riusciamo a capire la dinamica“. In quel tipo di centrali, sottolinea, esistono solamente due componenti principali: “turbina e alternatore. La turbina ruota quando viene investita dall’acqua” e l’alternatore “trasforma l’energia della rotazione. La turbina, costantemente investita da un getto d’acqua, resta fredda”, mentre lo stesso non avviene con l’alternatore, che è comunque raffreddato “da tubi e oli”. A Suviana, come altrove nel mondo, c’è anche un secondo meccanismo che produce energia (anche lui esente dal rischio esplosione) “usando l’acqua che cade dall’alto” e che è rappresentato dai grossi tubi verdi che conducono “l’acqua su, ricaricando il bacino di partenza”.



Del Giudice: “Per l’esplosione di Suviana è improbabile l’errore umano”

L’unico elemento potenzialmente a rischio esplosione che Del Giudice e i suoi colleghi individuano è il già citato alternatore della centrale di Suviana, puntando il dito (come ha fatto Alberto Berizzi su queste stesse pagine) contro “l’unica cosa infiammabile che mi viene in mente: l’olio che [lo] raffredda“. Ipotesi, comunque, piuttosto remota, perché ha precisato ben due volte nella sua intervista, non si sono mai registrati casi simili. “Nelle centrali di questo tipo”, ribadisce ancora parlando di Suviana, “non si usa combustibile, né ci sono possibili inneschi per una esplosione“.



Inutili, a suo dire, gli appelli per implementare nuove misure di sicurezza, perché prima “bisognerebbe prevedere le fonti di pericolo“, mentre “noi non avevamo idea che questo tipo di centrale potesse subire un incidente così grave”. In tal senso si sente di escludere, almeno fino a “quando saranno chiare le cause dell’esplosione”, che altre centrali in Italia possano fare la stessa fine di Suviana, anche perché, in linea di massima, si può già escludere l’errore umano. Infatti, spiega, “il personale poco addestrato non si avvicina neanche a una turbina. Su questi impianti possono mettere le mani solo tecnici altamente specializzati, che sono pochi”.