Un primo bilancio sulla stagione estiva appena conclusa arriva da un brief (documento che riassume i risultati di una ricerca) di Cassa depositi e prestiti, appena licenziato. In estrema sintesi, i risultati più evidenti sono due: boom di arrivi di turisti stranieri (100 milioni di presenze tra giugno e agosto), ma dati sotto le attese per la componente domestica, fenomeno di carattere principalmente economico, con molti turisti italiani che hanno preferito mete estere meno costose (nel 2023 il tasso di variazione annuo dei prezzi nel turismo è stato di più di 3 punti percentuali superiore al tasso di inflazione). Il turismo (che vale il 13% del Pil) per gli analisti di Cdp si conferma “una filiera strategica anche per la proiezione internazionale dell’Italia: la spesa di turisti stranieri nel Paese (44 miliardi di euro nel 2022) rappresenta la prima voce dell’export italiano di servizi, con una quota del 38% del totale”.
I trend. Per stabilizzare il grande flusso dall’estero, non bastano le rendite di posizione, ma bisogna rispondere a tre trend globali: il turista del prossimo decennio proverrà soprattutto dall’Asia e cercherà più esperienze, meglio se di lusso; l’intera vacanza sarà ancor più sostenibile e digitalizzata, spingendo gli operatori a competere su servizi green e su offerte sempre più personalizzate grazie all’analisi dei dati digitali creati dal turista nella sua esperienza di viaggio; le preferenze in termini di destinazioni evolveranno verso mete a oggi meno popolari, con un potenziale ribilanciamento tra Nord e Sud Europa, il cui clima subirà in misura crescente gli impatti del riscaldamento globale.
Le evidenze. Il report chiarisce la maggior propensione al viaggio della Gen Z (i nati tra il 1997 e il 2012), che rappresentano la fascia generazionale più numerosa al mondo; l’evoluzione delle preferenze in termini di destinazioni (gli effetti indiretti del riscaldamento globale possono infatti potenzialmente cambiare i connotati di un’offerta turistica nazionale); il sempre maggiore orientamento alla ricerca di attività, meglio se uniche e di lusso (il turista giunto a destinazione spende più per l’acquisto di esperienze che in beni); e la scelta crescente di soluzioni di lusso: il luxury travel è infatti il segmento con il più alto tasso di aumento. L’intera vacanza è sempre più digitalizzata e sostenibile: rispetto al 2019 pre-pandemia è raddoppiato l’utilizzo di chatbot nella prenotazione online di mezzi di trasporto e alloggi, che per quasi otto viaggiatori su dieci sono scelti in base alla loro sostenibilità. E visto che la sostenibilità è un elemento chiave di scelta, efficientare le strutture ricettive e promuovere i servizi green diventa una priorità. Ma alla luce dell’aumento esponenziale della quantità di dati creati dal singolo turista, risulta anche necessario disporre e sapere utilizzare al meglio tali informazioni, per ottenere una profilazione.
Le criticità. Urgono interventi per una crescente industrializzazione degli operatori, grazie a un maggior ricorso al capitale di rischio e a modelli di gestione alberghiera più flessibili. Ma bisogna anche lavorare sulla dimensione degli hotel: strutture da centinaia di camere rappresentano infatti un asset necessario per attrarre i crescenti flussi di turisti asiatici, che tradizionalmente si muovono in grandi masse e prediligono le catene alberghiere. La percentuale italiana di alberghi con 100 o più camere, seppur in aumento, resta un terzo rispetto a quella della Spagna. Discorso analogo per le catene alberghiere. Dal 2013, più di 100 nuove catene sono entrate nel mercato italiano, ma la loro penetrazione rimane però molto distante rispetto ai peer. A differenza dei principali competitor mancano inoltre catene nazionali di rilevanza mondiale. La francese Accor, direttamente o indirettamente, gestisce più di 5mila hotel. Il gruppo UNA, la principale catena italiana, meno di 50. Una minor frammentazione dell’offerta ricettiva italiana e la creazione di campioni nazionali favorirebbero quindi una maggiore capacità di attrazione dei flussi turistici stranieri. L’aumento dei flussi turistici globali previsto in questo decennio potrebbe valere per l’Italia fino a circa 30 milioni di arrivi in più. I grandi eventi dei prossimi anni come il Giubileo del 2025, le Olimpiadi 2026 di Milano Cortina, e l’eventuale Expo 2030 a Roma saranno i principali catalizzatori.
Le forze. Non è l’attrattività a mancare all’Italia, Paese più desiderato da alcuni dei segmenti di turisti ad alta crescita come i luxury travellers o i turisti cinesi. A queste manifestazioni di interesse non seguono tuttavia altrettanti flussi di visitatori, soprattutto per alcuni deficit dell’offerta ricettiva nazionale, a partire dalla limitata diffusione degli hotel da 4 o più stelle. Negli ultimi 20 anni il numero di camere in queste strutture è raddoppiato, ma la loro quota sul totale degli alberghi in Italia è ancora distante dalla media europea. Nel 2022 il valore delle transazioni alberghiere in Italia ha rappresentato il 7% del totale europeo, contro il 17% della Spagna e il 12% della Francia. Il turismo italiano vanta però un punto di forza – poco comunicato – sulla sostenibilità: è tra i cinque meno inquinanti nell’Ue in rapporto al valore aggiunto prodotto. Il merito è anche degli alberghi nazionali che nonostante la loro vetustà – un quinto ha più di 100 anni – presentano un’incidenza delle rinnovabili sul consumo energetico totale superiore alla media degli edifici a uso non abitativo.
Le competenze. Il gap italiano rispetto al trend della twin transition (la simbiosi tra la transizione tecnologico-digitale e quella ambientale) è più infrastrutturale, umano. A fronte della crescita del turismo esperienziale e sostenibile, aumenta la domanda per nuove figure professionali come il travel designer o l’eco tour guide, profili difficilmente reperibili in un settore già contraddistinto da difficoltà a trovare lavoratori e ad attrarre nuovi studenti. Negli ultimi sei anni le iscrizioni alle scuole alberghiere si sono quasi dimezzate e sono meno di 1.000 gli studenti che frequentano uno dei 14 Istituti Tecnici Superiori per il Turismo. Le criticità non si evidenziano solo nella formazione degli studenti, ma anche nei successivi percorsi di reskilling e upskilling, soprattutto nell’ambito digitale. Per attrarre più studenti è altrettanto importante ampliare il numero di scuole di alta formazione turistica in Italia e promuovere il posizionamento nei ranking internazionali dell’unica oggi esistente – la Scuola Italiana di Ospitalità, nata per iniziativa di Cdp con TH Group e Univesità Ca’ Foscari di Venezia – attualmente esclusa dalle top 32 solo perché non ha ancora ultimato i tre anni di percorso accademico necessari.
Le strategie. Per superare il tradizionale limite della frammentazione del comparto turistico italiano, si potrebbe agire su un binario normativo tramite l’introduzione di una regolamentazione degli affitti brevi, la ridefinizione del perimetro di destinazione del gettito dell’imposta comunale di soggiorno al fine di centrarla sul sostegno al comparto turistico per cui era stata originariamente creata. Allo stesso tempo il modello della gestione familiare, dominante nell’offerta ricettiva nazionale, è chiamato a un salto di qualità sul piano finanziario e gestionale attraverso il rafforzamento in termini di equity delle imprese alberghiere per creare campioni nazionali sulla scia di quanto in atto con il nuovo Fondo Nazionale del Turismo per la valorizzazione degli asset alberghieri (Cdp già dal 2016 investe nel rilancio delle strutture alberghiere, con il Fondo Investimenti per il Turismo e dal 2020 con il nuovo FNT), e con la diffusione di modelli contrattuali “flessibili” come il management contract che, separando la proprietà immobiliare dalla sua gestione, favoriscono gli investimenti nel comparto alberghiero e l’entrata di capitali stranieri. Per quanto riguarda il personale, la stabilizzazione dei lavoratori del turismo sarebbe uno dei primi campi di intervento per ridurre il gap tra domanda e offerta di lavoro e incentivare i percorsi formativi nel settore.
I nuovi turismi. Anche alla luce delle estremizzazioni climatiche, sarà importante valorizzare forme di turismo meno stagionali, come il cicloturismo, il turismo montano non sciistico, quello termale ed enogastronomico. Si tratta di una parte dell’offerta turistica italiana oggi ancora poco sviluppata, ma caratterizzata da diversi primati e da rilevanti ricadute economiche: l’Italia, ad esempio, si posiziona in Europa solo dietro a Francia e Germania per numero di centri Spa; ogni presenza aggiuntiva di un turista montano si traduce in un valore aggiunto del 10% superiore a quello del turista balneare. Differenziale che sale al 18% per il turista enogastronomico. Parallelamente bisogna rafforzare l’attrattività delle destinazioni secondarie, soprattutto di quei comuni dove più raramente si registrano alte temperature, che oggi contano per poco più di un terzo degli arrivi nazionali. Risulta quindi necessario ridare slancio alla creazione di circuiti nazionali di eccellenza: itinerari tematici interregionali, già previsti dal legislatore più di dieci anni fa. Tutto ciò non può prescindere da un adeguato sviluppo della logistica, per colmare gap evidenti soprattutto nel Sud Italia nel trasporto ferroviario e su strada. Non a caso, la ripresa post pandemia dei flussi turistici nei 354 borghi appartenenti alla categoria dei “Borghi più belli d’Italia” è stata più rapida della media nazionale.
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