Dopo aver presentato un emendamento molto forte contro la misura del Dpcm adottata dal Premier Conte lungo l’intera emergenza coronavirus fin dal primo lockdown, il deputato Pd Stefano Ceccanti (esperto giurista e professore di diritto costituzionale) ha spiegato in una intervista a Formiche.net il motivo sostanziale dell’azione che ieri ha gettato non poca tensione all’interno del Governo, provocando frattura tra Pd-Italia Viva e il Movimento 5 Stelle. L’emendamento Ceccanti è molto semplice: si chiede di “parlamentarizzare” i Dpcm dando 7 giorni per il parere in Aula prima di poterli emanare: dopo colloquio con il Ministro D’Incà ieri Ceccanti ha “congelato” la sua proposta che resta però valida e presentabile laddove vi sia un nuovo Dpcm dopo l’inizio della fase 2 dal 4 maggio in poi.



«Ci sono state delle criticità verso metà marzo ma erano state risolte col decreto 19 che aveva riordinato il sistema delle fonti, la questione si è riaperta con l’emanazione del nuovo Dpcm», ha spiegato il deputato dem in merito alle possibili e gravi limitazioni della libertà che il Premier Conte avrebbe protratto con l’utilizzo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. «Eviterei polemiche retrospettive. Il decreto-legge 19 aveva risolto le criticità precedenti, il nuovo Dpcm le ha riaperte proprio perché segna l’inizio di una fase diversa. Se così è, la diversità di fase si deve vedere anche nel rapporto governo-Parlamento perché nessuna decisione rilevante può essere ora consentita senza una forma di controllo da parte del Parlamento. Si vuole rinunciare ai Dpcm e ricorrere solo ai decreti-legge? Benissimo. Si vogliono mantenere anche i Dpcm? Bene, ma allora in qualche forma devono passare anch’essi per il Parlamento», sottolinea il deputato Pd.



CECCANTI “VS” CONTE: “HA RAGIONE CARTABIA”

Il Dpcm, come ha spiegato lo stesso Conte oggi nell’informativa al Parlamento, offrono il vantaggio della tempestività immediata senza dover passare sotto il controllo del Quirinale per la conversione: «Però, se strumenti di questo tipo, fondati su decreti legge, erano accettabili nella fase 1 di stretta emergenza e il governo mi dice che ora la fase è cambiata, mi attendo logicamente che nella nuova ci sia un ritorno alla fisiologia con un più stretto controllo parlamentare», attacca ancora Ceccanti mostrandosi aperto ad eventuali altre forme di controllo da parte del Parlamento oltre che nuove forme di “votazioni” magari anche a distanza andando oltre alla tradizione costituzionale, quantomeno in momenti di forte emergenza come quelli imposti dalla pandemia.



In merito alla domanda specifica dell’intervista di Formiche.net sulla relazione della Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, Ceccanti dà piena ragione alla Consulta in merito ai “limiti” posti alla Carta che non devono essere eterni: la presidente Consulta ha usato la metafora della bussola per escludere dal nostro ordinamento la figura del sovrano, anche se rifletteva un discorso più ampio e non un mero commento al Dpcm del 26 aprile. Fatta questa premessa, Ceccanti ribadisce «la presidente Cartabia ha usato un concetto chiave, in termini non polemici, che è utile a tutti: quando più i limiti ai diritti che vengono inseriti in fase emergenziale sono forti tanto più devono essere, tra l’altro, temporanei. La prenderei come un invito a gestire bene la fase 2, quella che ora inizia, più che come una critica retrospettiva».