Sulle pagine de La Verità, Vittorio Cecchi Lori parla del mondo del cinema e del fallimento degli ultimi anni. Lui, che il mondo del grande schermo lo conosce bene, avendo lavorato a lungo come produttore, rivela tutti i punti deboli del sistema che hanno di fatto portato ad un tracollo: “Il cinema non c’è più perché è stato maltrattato rispetto alla televisione. Era uno dei più forti al mondo, è stato invece sbriciolato dando tutte le preferenze al mezzo televisivo. Cinema e televisione sono due cose diverse e come tali devono essere disciplinati. La macchina si è fermata, gli autori non sono più venuti fuori, la qualità è sparita e abbiamo perso la possibilità di fare film fuori delle regole che avevano successo. In America e in Francia lo hanno protetto di più. L’industria cinematografica non si limitava a produrre film esportati in tutto il mondo, ma rappresentava anche l’identità culturale del Paese. Oggi abbiamo perso tutto questo. La maggior parte dei film sono brutti, almeno da quello che leggo”.



La televisione, dunque, è stata favorita al cinema: proprio Cecchi Gori, però, ha sempre preferito il grande schermo al piccolo. “Non mi è mai piaciuto fare la televisione, però come tutti gli uomini di spettacolo me la cavavo piuttosto bene, anche perché in Italia ci vuole poco a fare meglio. Ho portato nel nostro paese Sex and the City. Mi chiamò un cardinale che conoscevo per chiedermi di spostare l’orario di programmazione e lo feci mandare in onda a mezzanotte. La televisione ha un grave limite: con le news entra in gioco la politica. Allora meglio fare il proprietario di un giornale: ti deve piacere un altro tipo di direzione che non è quella del grande produttore cinematografico” spiega.



Cecchi Gori: “Sento molto la mancanza di papà”

Con la morte di Berlusconi, Cecchi Gori ha perso un grande amico con il quale ha lavorato a lungo: “Sono morto anche io! Alla fine queste vicende hanno messo a soqquadro anche la mia vita. Berlusconi mi lasciò in braghe di tela il giorno prima delle riprese di Seven e il film non partì. Lo spunto era mio, poi il progetto lo comprò la New Line e cambiò rispetto a quello che avevo pensato io. Glielo dissi: “Noi chiudiamo la società nel momento in cui stavamo per produrre un film che avrebbe guadagnato trecento milioni di dollari””. Qualche rimpianto, dunque, nella sua carriera: “II cinema è fatto di rimpianti per film non fatti… Poi ci sono anche i rimpianti per i film fatti! Un film che avrei tanto voluto fare è Cent’anni di solitudine. Doveva dirigerlo, su mio suggerimento, Peppino Tornatore, ma non piaceva a García Márquez, del quale sono diventato amico”.



Dopo una vita turbolenta, fatta di film, donne e alcuni guai giudiziari, Cecchi Gori è tornato a vivere a Roma, nella casa dei suoi genitori: “Mio padre la comprò proprio quando fece Il sorpasso. Io avevo vent’anni e lui quarantadue: non c’era una grande differenza d’età tra noi. Da allora in poi siamo andati avanti assieme. Sento molto la sua mancanza, tra queste mura ancora di più”. Infine, un’ultima battuta sui progetti futuri: “Il mio grande sogno adesso è creare una piattaforma Cecchi Gori, anche in ricordo di mio padre, dove poter vedere tutti i film da noi prodotti in più di cinquant’anni di attività, accompagnati da mie presentazioni con ricordi e aneddoti. Ne trarrebbe beneficio tutto il cinema italiano perché il nome Cecchi Gori è conosciuto in tutto il mondo”.