I giovani vivono il presente. Il futuro è un argomento da vecchi. Secondo Machiavelli la fortuna ama i giovani, come amava anche noi quando eravamo giovani, violenti e poco rispettosi. Qualcuno più esperto, però, prima di catapultare Cecilia Sala nel complicato teatro iraniano, avrebbe magari dovuto avvertirla sui rischi che correva. O magari Cecilia ha semplicemente sottovalutato la morale islamica che la considera comunque una donna infedele. Ma questa è un’altra storia, non è questo il problema. Cecilia deve tornare, la rivogliamo, possibilmente con le scuse del regime teocratico. Poniamo però l’attenzione sul suo arresto, e sulla sua necessità; al netto di errori sulla gestione dell’emergenza, anch’essi possibili. Quale regime si espone alla riprovazione mondiale e alla propaganda ostile, imprigionando una giovane giornalista straniera, per scambiarla, probabilmente, con trafficanti d’armi a favore di terroristi internazionali? Un regime che è in grave difficoltà. Quale Paese cerca in questo modo di affermare la sua potenza prendendo una giornalista in ostaggio? Solo un Paese nel quale sta scricchiolando il fronte interno.
Infatti dal 2020, dal primo omicidio eccellente, quello del generale Qassam Soleimani, l’Iran ha subito molti colpi. Colpi dall’esterno, con tutti gli omicidi e i bombardamenti ad opera di Israele, fino alla fine di Hamas ed Hezbollah. Poi la morte sospetta del presidente Raisi. Da ultimo la caduta di Assad in Siria, che ha precluso all’Iran l’accesso al Mediterraneo e la via per rifornire i proxy sciiti contro Israele.
Ma anche colpi dall’interno, cominciati con le grandi sollevazioni popolari dopo l’omicidio della curda Mahsa Amini e proseguiti in questi anni con la consueta repressione. La situazione è accelerata negli ultimi mesi: prima Ahou Daryaei, la ragazza seminuda nell’Università di Teheran spacciata per matta e subito liberata senza accuse, poi la cantante Parastoo Ahmadi, senza velo sul palco, arrestata e poi rilasciata su cauzione. A causa delle forti proteste, la nuova legge sull’hijab e sulla castità non è stata promulgata, anzi la guida suprema Khamenei nel suo ultimo incontro con le donne non l’ha neanche menzionata.
Tutti questi fatti rivelano la debolezza del regime, che non gode più del sostegno uniforme nel mosaico etnico iraniano. Esiste nel Paese una severa crisi energetica documentata sui giornali iraniani, con pesanti interruzioni delle erogazioni e la chiusura di aziende per mancanza di energia. La Cina non sta ricevendo il petrolio iraniano sotto embargo. Completano il quadro l’abbandono russo e la giravolta turca in Siria. Dal 1979 la Repubblica Islamica è stata la prima fonte di instabilità nel mondo, trascinando nel vortice della radicalizzazione anche l’Arabia Saudita, sempre più vicina al clero salafita più retrivo ed oscurantista. Alla base dell’ideologia religiosa iraniana non troviamo la lotta di classe o il disagio sociale, ma solo l’odio per lo Stato laico e la civiltà occidentale, definita impura e decadente. Gli iraniani, lungi dall’essere ignari o succubi del regime, si trovano costretti ad accettarlo; smetteranno di sostenerlo solo quando lo vedranno sconfitto, quindi inidoneo a rappresentare “l’impero persiano”. È questa la spiegazione al disperato gesto di prendere in ostaggio Cecilia Sala, affermare un dominio che sta venendo meno. A breve potremmo vedere grandi cambiamenti in Iran, ma è incerto in che misura potremmo gradirli.
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