Giorgia Meloni è stata brava. Il rientro di Cecilia Sala è un successo suo personale e rafforza la sua leadership di governo. Quanto le sia costato politicamente ottenere il consenso di Donald Trump al rilascio della nostra concittadina è in questo momento irrilevante. Aver dimostrato di essere in grado di gestire una crisi così complessa e difficile è certamente la prova di maturità definitiva per la sua leadership e una risposta forte a chi ancora oggi in alcuni gangli del potere profondo italiano la ritiene poco più che una ragazzina. Da oggi in poi, superato l’esame di maturità, inizia un biennio di governo in cui potrà cimentarsi per diventare una leader ancora più forte. Alcuni punti vanno chiariti.
Che l’arresto dell’ingegnere iraniano Abedini a Malpensa sia stato un’operazione del Dis condotta in autonomia, senza che il governo venisse informato, causando in questo modo indirettamente il fermo ritorsivo della Sala, è un fatto che pare trapelare da alcune fonti. Dimostra che siamo di fronte ad un’evidente carenza di coordinamento, e di doverosa attenzione, tra singole strutture di potere del nostro Paese. Il quadro non edificante che la Belloni ha dato del governo e delle sue dinamiche interne, letto oggi, sembra un tentativo di presentare le proprie dimissioni come un gesto di quasi sdegnoso rifiuto a sottostare alle logiche della politica. Solo che il suo gesto prende una nuova luce dopo che la crisi iraniana si è ormai conclusa.
Il nostro Paese non è nuovo a scelte autonome dei servizi di sicurezza, che spesso hanno operato in un contesto internazionale di relazioni con i servizi segreti stranieri senza coinvolgere più di tanto la politica. Così almeno fu per il sequestro di Abu Omar, così è stato in tante altre occasioni in cui ci si è mossi come strutture e apparati dello Stato ritenendosi sciolti da ogni vincolo di informazione all’autorità politica in sella al momento. Se questa è stata la tentazione in cui è caduta la struttura del Dis, operando senza copertura politica, allora le dimissioni della sua direttrice erano più che doverose ed evidentemente motivate non da ragioni di natura personale, ma da una chiara non fiducia dell’esecutivo sui confronti. Il che ci porta a riflettere su come il sistema di gestione dei nostri servizi segreti sia evidentemente da rimettere in ordine.
La Meloni ha dimostrato che un atto politico di grande forza, ovvero portare la propria voce direttamente all’attenzione di Trump ed allo stesso tempo agire in una fase di debolezza dell’amministrazione Biden, può essere molto più efficace che consentire operazioni sotto traccia, non concordate con il potere politico, che poi però se ne assume la responsabilità. Di certo la Meloni ha inaugurato un nuovo stile di gestione di crisi come questa, esponendosi in prima persona ed eventualmente assumendo direttamente l’impegno con tutti gli attori di tener fede alla promessa – qualunque essa sia – che ha dovuto fare per ottenere il rientro della Sala a casa.
Non deve sfuggire infatti che il prezzo politico o economico o di qualunque altra natura che il Paese è chiamato a pagare per liberare una sua concittadina non potrà essere mai troppo alto, se paragonato alla vita di quella persona. Chiunque essa sia. Ma un prezzo c’è, e potevamo evitare di pagarlo, forse, se non ci fossimo trovati in una situazione di reazione a catena in cui, come anello debole, siamo stati utilizzati da una parte e dall’altra – l’Iran e gli Usa – per scopi non direttamente correlati ai nostri.
Gli americani infatti hanno evidentemente usato i nostri servizi per bloccare un soggetto a loro dire pericoloso che transitava presso il nostro territorio e gli iraniani ci hanno ripagato bloccando, senza alcun motivo neppure lontanamente valido, una persona esposta e ben nota da utilizzare come pedina di scambio. In questa situazione di passivo strumento della politica internazionale, abbiamo compreso che l’unica soluzione è agire e così dovremmo fare in futuro, se vogliamo ritrovare un nostro ruolo che ci consenta di essere meno supini e più proattivi nella gestione degli affari internazionali.
Ora sapremo anche se gli scenari dei giorni scorsi erano corretti, lo capiremo quando si deciderà la sorte di Abedini ed evidentemente sarà chiaro a tutti se si è trattato di uno scambio oppure no, anche se tutti gli attori tenderanno a negarlo.
In questa vicenda sicuramente è venuto meno ogni principio di stato di diritto, di mero rispetto della libertà individuale e di spostamento. Il che ci deve far capire come i prossimi anni saranno caratterizzati non più da una comune volontà a livello internazionale di trovare equilibri e rispetto reciproco, ma da un mero temperamento di rapporti di forza, in cui si può difendere solo avendo la capacità di farsi rispettare o di avere sufficienti monete da scambiare per poter ottenere ciò che si desidera.
La vicenda Sala ci impone pertanto di affrettare quell’operazione di rafforzamento degli asset strategici, militari e di intelligence, che oggi sono gli unici in grado di poterci offrire una certa serenità. Per troppi anni abbiamo appaltato all’estero tutto questo e per troppi anni ci siamo illusi che avremmo potuto affidarci banalmente al buon senso per risolvere le situazioni. La Meloni è la prima premier che si trova ad affrontare questo scenario ed ha agito con una risolutezza che deve essere considerata efficace. Al contempo sta però indicando alle opposizioni come sarà dura ottenere qualunque risultato se non si avrà un atteggiamento concreto e pragmatico in vicende complesse come quella appena conclusa.
Le opposizioni non hanno potuto che fare i complimenti al governo, ma internamente un brivido di freddo terrore ha pervaso chi si augurava e si augura di poter scalzare la Meloni. Senza la visita a Mar-a-Lago, senza uno spregiudicato utilizzo delle buone relazioni con l’amministrazione Biden, senza bypassare i poteri formali dei singoli servizi segreti interni, molto probabilmente Cecilia Sala sarebbe ancora imprigionata in Iran.
Perciò non sarà più sufficiente, alle opposizioni, invocare l’origine del consenso dell’attuale maggioranza per dimostrarne l’inadeguatezza. Sarà più che mai necessario mostrarsi più che adeguati e capaci rispetto alla prova che la Meloni ha dato di sé. E questo è un grande stimolo per tutte le opposizioni e un grande insegnamento per la politica italiana che oggi, finalmente, si riscopre essenziale e necessaria ed allo stesso tempo matura e spregiudicata, uscendo da un’immaturità autoreferenziale della quale l’attuale contesto geopolitico ha fatto strame.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.