La medicina sta facendo passi da gigante sul fronte della ricerca, utilizzando tecnologie sempre più all’avanguardia. Questo lo si sta ravvisando anche sul fronte della cecità. Si sta facendo infatti sempre più spazio il CRISPR, una tecnica di editing genetico che, seppure ancora agli inizi della sperimentazione, sta mostrando risultati sorprendenti sui pazienti nei confronti dei quali è stata applicata. Gli effetti si vedono in concreti miglioramenti della qualità della vita, e sono stati accolti con esultanza dagli stessi ricercatori che stanno mettendo a punto il relativo studio.



Come riporta Live Science l’ultimo studio proviene dall’Oregon Health & Science University e i suoi risultati sono stati pubblicati lo scorso 6 maggio sul New England Journal of Medicine. La scoperta è stata giudicata rivoluzionaria tanto più che nei confronti dell’amaurosi congenita di Leber (LCA) ad oggi non esistono terapie efficaci. I primi test danno quindi una speranza per chi ha questa forma di cecità ereditaria.



COME FUNZIONA LA TECNICA CRISPR SULLA CECITÀ EREDITARIA

Questa forma di cecità ereditaria, l’LCA, si manifesta spesso fin dalla nascita e deriva dalla disfunzione o dalla morte delle cellule sensibili alla luce chiamate fotorecettori nella retina, nella parte posteriore dell’occhio. Questa malattia della vista sarebbe generata da una mutazione genetica per la quale non esisterebbe una cura.

Tramite il CRISPR viene iniettata direttamente negli occhi una soluzione sotto retinica capace di incidere sulla variante dei geni responsabile della cecità. Il primo aspetto positivo riscontrato è la mancanza di effetti avversi, che intanto denotano la sicurezza di questa tecnica. L’altro aspetto, ancora più significativo, è stato riscontrato in un importante miglioramento della qualità della vista. I pazienti che sono stati sottoposti al CRISPR sono anche stati sottoposti periodicamente ad un test visivo, risultato positivo nella maggior parte dei casi. Oltre ai racconti di alcuni degli stessi pazienti che hanno detto, dopo aver ricevuto la terapia, di essere riusciti ad individuare il proprio cellulare; altri sono riusciti a vedere le luci sulla macchina del caffè. Piccoli passi, questi, che però potranno portare sulla strada della guarigione. Lo stesso Dott. Mark Pennesi, coautore dello studio, si è mostrato cauto ma al tempo stesso ottimista, parlando di ‘risultati eccitanti’.