CRISI DELLA SANTA MESSA, SEMPRE MENO FEDELI: L’IMPEGNO DELLA CEI PER RIPARTIRE

Non solo le culle ma anche le chiese sono sempre più vuote in Italia: la crisi generale della partecipazione alla Santa Messa è stata messa nero su bianco lo scorso agosto con l’indagine ISTAT sulla rivista dei dehoniani “Settimana News”, con in particolare il dato preoccupante di 1 solo italiano su 5 che nel 2022 dice di aver partecipato con regolarità alla funzione eucaristica. Il campanello d’allarme è in atto da anni ma ora la Cei del cardinale Zuppi intende “mettere mano” per provare, in unità con la Chiesa di Papa Francesco, a rilanciare il futuro della evangelizzazione proprio a partire dall’imminente ultima parte del Sinodo.



Raggiunto dal quotidiano “Avvenire”, il vescovo di Mantova Gianmarco Busca – presidente della Commissione episcopale Cei per la liturgia – illustra le cause di questa crisi e prova a dare un contributo importante su come ripartire dopo la situazione sempre più crescente del fenomeno “chiese vuote”. «È evidente la diminuzione della pratica della fede. Ma occorre ricordare che l’esperienza ecclesiale non si esaurisce entro i confini del rito. Come narra il Vangelo, Cristo è passato beneficando e risanando tutti quelli che incontrava nei contesti ordinari della vita», rileva il vescovo sottolineando come la Chiesa di Dio voglia intercettare l’intero popolo, comprendendo anche chi si interroga magari più da lontano su verità e bene. Il tema infatti è più complesso: «Dovremmo chiederci», spiega mons. Busca, «chi si è allontanato da chi? È la gente che si è allontanata dalla Chiesa o da determinate ritualità; oppure è la Chiesa che si è allontanata dalle persone perdendo in parte la sua capacità di incontro nel nome del Vangelo? Comunque spesso siamo di fronte a comunità con legami fragili, con appartenenze deboli e talvolta anche con uno stile di fraternità a velocità variabile».



CHIESE VUOTE, LE CAUSE DELLA CRISI: “LITURGIA, OMELIE E…”

All’interno del recente convegno nel Triveneto organizzato dalle 15 diocesi del NordEst, la Cei inquadra e analizza il tema delle chiese vuote e della crisi della Santa Messa, sottolineando come occorra «Ritrovare forza dall’Eucaristia». Nelle varie sintesi giunte in Vaticano per il Cammino sinodale della Chiesa italiana, mons. Busca rileva come sia emersa «una qualità celebrativa un po’ deludente, un anonimato delle liturgie che non può essere trascurato. Si chiede maggiore attenzione da parte di chi presiede e delle assemblee. Oppure di superare una gestione clericale dei riti».



Non solo, viene anche sottolineato un netto divario che spesso si erge tra la liturgia e la vita quotidiana, specie durante le omelie: «in molti hanno manifestato il proprio malessere di fronte a riflessioni che non hanno una lingua materna e non riescono a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda spirituale che si irradia nelle nostre città», spiega il vescovo di Mantova. Il picco di crisi si è raggiunto con l’avvento dell’emergenza Covid – con il calo forte di presenze a messa – a cui si è aggiunto poi la costante disaffezione dei giovani e il disagio dei riti “scadenti”: «Con la pandemia – afferma ancora il presidente della Commissione Cei – la frequenza ai riti domenicali ha subìto un calo sensibile. Tutto ciò ha palesato disagi che erano latenti da tempo. Dopo la ripresa delle celebrazioni comunitarie, un segmento dei fedeli non è tornato. Era la loro una partecipazione abitudinaria e poco motivata? O c’è dell’altro?».

Non basta partecipare online alla messa per poter “esserci” realmente: «è passata l’idea che la Messa in tv fosse non solo più comoda ma equivalente. Ciò ha alimentato il rischio di una spiritualità fai-da-te che è affine a una certa cultura contemporanea di stampo individualistico. Invece l’esperienza cristiana implica una comunità in carne e ossa, che celebra il mistero attraverso la corporeità», rileva Busca. Anche per i giovani la fatica cresce, con i soli momenti di forte aggregazione – vedi Gmg o ritrovi nazionali – e la disaffezione per la presenza a messa diminuisce: il motto è chiaro per la Cei, serve «più Messa e meno Messe», con mons. Busca che sprona così su “Avvenire”, «Servono proposte per riapprendere questo linguaggio dell’anima. Ogni ritualità, come quella sportiva o musicale, ha un linguaggio iniziatico: ci sono parole, gesti, azioni che vengono compresi da chi segue uno sport o la musica perché qualcuno lo ha introdotto. Anche la lingua liturgica ha necessità di essere imparata. E la si apprende frequentandola». In quell’Eucaristia presente sull’altare della messa, conclude Busca, Cristo si rende presente per farci dono costante della sua Pasqua: «Un dono ricevuto che diventa dono restituito nel servizio e nell’abbraccio al prossimo. Essere stati alla mensa del Signore apre a una prassi di ospitalità del fratello che è chiamata a farsi annuncio del Risorto. Altrimenti tutto si riduce all’assistenzialismo o alla filantropia».