“Nessuna sanzione disciplinare, ci richiamiamo al senso di responsabilità”. Non ce l’abbiamo col ministro Giuseppe Valditara, di cui chi ha un minimo di cervello e l’intero mondo della scuola condividono (fatte salve le solite frange di studenti e docenti arrabbiati a vita e a priori) la decisione, annunciata il mese scorso e resa ufficiale ieri con apposita circolare, di vietare l’utilizzo dei cellulari in classe. Si badi bene: in classe e durante le ore di lezione, non negli altri spazi degli edifici scolastici.
Non l’abbiamo nemmeno con i singoli istituti, cui il ministro demanda gli eventuali interventi sanzionatori (requisizione dei dispositivi, giorni di sospensione, diminuzione del voto in condotta?), nel tentativo di evitare provvedimenti repressivi calati dall’alto e, proprio per questo, di solito più indigesti. Ci viene però da sorridere pensando al richiamo al “senso di responsabilità” degli italiani, storicamente labile e piuttosto ondivago.
Temiamo, quindi, l’ennesimo buco nell’acqua. Come dimostra il fatto che il divieto suddetto ribadisce quello analogo che lo stesso ministero varò già nel 2007 (ministro Fioroni), ma evidentemente passato come acqua sul marmo, anzi sul legno di banchi e cattedre, e che riprendeva a sua volta il precedente contenuto addirittura nello Statuto degli studenti del 1998, quando i telefonini erano ancora oggetti per pochi.
È trascorso da allora un quarto di secolo e tutto è rimasto come prima: per questo ci viene da sorridere. Non si dica che sono cambiati i tempi, che sono solo cambiati gli strumenti, che una volta si copiava coi bigliettini infilati dentro il diario o ci si distraeva con le partire a tris e a battaglia navale: avete mai sentito parlare di circolari ministeriali che li proibissero? Certo che no e non perché la scuola di allora lasciasse fare, ma perché se colto in flagrante, il reo veniva severamente punito: nota a casa, 4 sul registro, dritto e filato dal preside.
Se serve un intervento del ministro significa che il cellulare è diventato invadente come lo furono le calate barbariche al crepuscolo dell’Impero Romano. Infatti sono molti gli indizi di un sistema scolastico al crepuscolo… All’italica ritrosia verso il senso di responsabilità fa da contraltare però lo smodato ricorso al Tar e gli interventi spada tratta in presidenza o direttamente in aula dei genitori (quando non degli stessi studenti: la cronaca insegna) contro la lesione al diritto di espressione. Così Valditara (pochi ministri come lui, in queste prime settimane di presenza al governo, è stato fatto oggetto di attacchi a man bassa) ha accompagnato l’emanazione della circolare: “L’interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L’interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno”.
Bastasse questo per restituire autorevolezza alla figura del docente e serietà alla scuola, che ha via via smarrito la strada verso l’educazione capace di coinvolgere anche le famiglie. Da qui, che è la base, bisognerebbe ripartire prima ancora che dai cellulari, che sono solo il punto di arrivo. Invadenti come i barbari e come i barbari, temiamo, vincenti.
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