Una scoperta dei ricercatori dell’Humanitas di Milano potrebbe cambiare l’approccio a diverse malattie, tra cui l’Alzheimer. Il loro studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Immunity, rivela che le cellule cerebrali della microglia, che difende il sistema nervoso centrale dall’attacco di nemici esterni, traumi e infezioni, possono anche guidare lo sviluppo e la crescita delle aree dell’ippocampo deputate alla memoria. Ci riescono modificando il metabolismo dei neuroni che compongono queste aree. In altre parole, nel sistema immunitario si nasconde la “regia” dei ricordi. La ricerca, coordinata dalla professoressa Michela Matteoli, ordinaria di Farmacologia in Humanitas University e direttrice del Programma di Neuroscienze dell’Irccs Istituto clinico Humanitas, fornisce «un tassello inedito al puzzle sulla relazione complessa tra immunità e sistema nervoso». L’auspicio degli autori di questo studio è che tale scoperta possa «cambiare il nostro approccio a diverse malattie del neurosviluppo e neurodegenerative, tra cui l’Alzheimer».



I ricercatori hanno scoperto che quando il recettore della microglia Trem2 non funziona correttamente, i neuroni della memoria nell’ippocampo mostrano anomalie nel metabolismo energetico durante lo sviluppo, con implicazioni a lungo termine. «La scoperta è entusiasmante non solo perché svela una funzione inedita delle cellule della microglia, ma perché sappiamo che difetti nel metabolismo dei neuroni in questa area sono coinvolti in diverse malattie neurodegenerative, tra cui l’Alzheimer». Il fatto che mutazioni in Trem2 rappresentino un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia, dimostrano anni fa, suggerisce secondo i ricercatori «la rilevanza di questo processo».



IL RUOLO INEDITO E CRUCIALE DEL RECETTORE TREM2

L’idea del cervello come organo isolato dal resto dell’organismo e privilegiato dal punto di vista immunologico è cambiata. Infatti, da Humanitas spiegano che il dialogo continuo tra cellule nervose e immunitarie garantisce il funzionamento del cervello e le sue alterazioni sono coinvolte in molte malattie. In questa interazione sono protagoniste le cellule della microglia, cellule immunitarie che si trovano nel cervello. In particolare, un loro recettore, Trem2, il cui ruolo nel rischio di sviluppare demenza e Alzheimer, in caso di sua mutazione, era stato identificato già nel 2013. Ma il meccanismo alla base della correlazione tra anomalie di Trem2 e insorgenza dell’Alzheimer è ancora oggetto di studio. Scoprirlo consentirebbe di individuare nuovi approcci terapeutici per la malattia, per la quale non ci sono ancora cure efficaci.



Questo studio, anche se è limitato a modelli sperimentali, è considerato importante perché rivela un ruolo inedito di Trem2 proprio nella formazione e nel funzionamento delle aree che presiedono alla memoria, che sono quelle più colpite dalla malattia di Alzheimer. «Per la prima volta abbiamo dimostrato che le cellule della microglia e il loro recettore Trem2 hanno un ruolo nel controllare la maturazione dei neuroni della memoria e soprattutto il loro profilo metabolico», osservano Erica Tagliatti, prima autrice dell’articolo insieme a Genni Desiato.

“SERVONO ALTRI STUDI SU REALI IMPLICAZIONI IN MALATTIE COME DEMENZA E ALZHEIMER”

Allo studio hanno collaborato il team di Simona Lodato, che guida il Laboratorio di Neurosviluppo di Humanitas ed è docente di Istologia ed Embriologia di Humanitas University, Katia Cortese dell’università di Genova e Rafael Arguello del Centro nazionale della ricerca scientifica (Cnrs) di Marsiglia, in Francia. La ricerca è stata condotta in laboratorio e su modelli preclinici, pertanto Humanitas precisa che «saranno necessarie ulteriori ricerche per capire le sue reali implicazioni nello studio di malattie come demenze e Alzheimer». Per gli scienziati, però, sono state aperte molte strade. «I pazienti con varianti genetiche di Trem2 potrebbero infatti avere problemi di metabolismo proprio nell’area del cervello deputata alla memoria, problemi che potrebbero indebolire l’area e renderla più suscettibile alla neurodegenerazione». Inoltre, «l’impatto metabolico della mancanza di Trem2, osservato durante lo sviluppo, potrebbe ripresentarsi in età avanzata, quando sappiamo che i livelli del recettore si riducono in modo fisiologico».

Per la professoressa Michela Matteoli questo studio «dimostra ancora una volta che nel cervello lo sviluppo e l’invecchiamento sono due facce della stessa medaglia e dovrebbero essere studiati congiuntamente». Ad esempio, negli ultimi anni è emerso che alcune proteine coinvolte in disturbi neurodegenerativi hanno un ruolo importante durante lo sviluppo del cervello. «Processi disfunzionali a carico di tali proteine durante lo sviluppo possono quindi produrre effetti a lungo termine, anche perché influiscono su un tessuto, come il tessuto nervoso, che non subisce il continuo rinnovo cellulare osservato in altri organi del corpo», conclude Matteoli.