Forse è una questione personale, ma poche cose sono più appaganti in termini di gusto del racconto, di voglia andare avanti voltando pagina o aspettando la scena seguente, di un giallo, magari uno di quelli classici in cui il detective deve scoprire chi è l’assassino. Rian Johnson guarda proprio a quella tradizione, quella del whodunit (chi l’ha fatto?) e dei romanzi di Christie e Van Dine per realizzare il suo nuovo, trascinante film Cena con delitto – Knives Out.
Ambientazione da manuale: una ricchissima magione proprietà di un celebre giallista il quale, dopo una festa in suo onore, viene trovato morto, con la gola tagliata. A districare l’intricato bandolo di denaro, eredità, interessi e squallori familiari è chiamato un detective geniale: Benoit Blanc. Tutti gli elementi classici sono serviti e Johnson, anche sceneggiatore, si diverte a rinfrescarli, reinventarli e ribaltarli (come aveva già fatto con la fantascienza di Looper o con la saga di Guerre stellari in Gli ultimi Jedi), magari per confermarne il gusto, ma soprattutto per divertire lo spettatore.
Ma non solo: perché questo lavoro sulle regole e le dinamiche che regolano un mondo narrativo ha una precisa rilevanza anche a guardare più a fondo il film, anche a notarne il suo sostrato si può dire politico. La vecchia guardia contro la nuova, il potere costituito e culturalmente denotato (maschile, americano, ricchissimo, dispoticamente illuminato verso i suoi sottoposti) contro una vena spontaneamente anarchica che ribalta i connotati del potere: non diciamo altro per non rivelare il finale, ma l’ultima inquadratura è in questo senso lampante, il 99% che affronta il famigerato 1%, quello che ritiene la ricchezza mondiale simboleggiato da una famiglia equanimemente corrotta dal denaro.
Nello stesso modo in cui decostruisce un genere particolarmente codificato, Cena con delitto si diverte a decostruire anche il mondo in cui quel genere nasce, sancendo la vittoria degli outsider sui front-runner, dello spirito vitale sulle canonizzazioni: il finale sottolinea, come dice il detective Blanc (esempio principe di autorità che non ne azzecca quasi una), che si vince perché si seguono le proprie regole, non quelle imposte, e in questo modo Johnson pare prendersi anche una rivincita verso i fan di Star Wars che lo insultarono dopo il suo film.
È un film profondamente anti-autoritario Cena con delitto, ma anche un gioiello di ritmo, tensione, umorismo, che mescola perfettamente l’aplomb britannico alla follia Usa (l’infermiera che non può mentire sennò vomita, il memorabile incontro con la pecora nera di famiglia, risolto a suon di vaffa), la commedia alla John Landis e la suspense, strizzando l’occhio ai fan con le apparizioni di Jessica Fletcher (ma solo in tv) e la struttura che passa da Poirot a Colombo e spiazzandoli dopo poco.
A suggellare la perfetta riuscita del film e l’abilità ormai consolidata del suo regista c’è la vivacità del gruppo di attori, un cast favoloso in cui tra Daniel Craig (il detective) in understatment auto-ironico e Christopher Plummer patriarca nobile ma implacabile, spunta la grinta e l’inaspettata vis ironica di Ana De Armas, che nei duetti con Craig sembra sondare il lato opposto di quelli che li vedranno coinvolti nel prossimo 007 (No Time to Die).