L’ALLARME WOKE LANCIATO DAL PROF. FUREDI: “CENSURA SULLA LETTERATURA”
Secondo il professore e sociologico di origini ungherese Frank Furedi, la concezione che la cultura dominante oggi ha della letteratura rischia di portare una censura asfissiante per la libertà di pensare e di creare. Intervistato da “Il Foglio”, il professore emerito all’Università del Kent, autore di Fatica sprecata (Vita & Pensiero) lo dice senza mezze parole: «Quasi impercettibilmente, l’atto di leggere la letteratura è stato medicalizzato e riformulato come un rischio per la salute mentale. E’ successo tutto molto, molto velocemente».
La polemica arriva dall’Inghilterra dove negli ultimi mesi il cosiddetto “trigger warning” (avvisi prima di procedere ad un testo) è giunto a mettere sotto censura capolavori della letteratura come “L’Ulisse” di James Joyce, “Robinson Crusoe” di Daniel Defoe, “Ivanhoe” di Walter Scott vengono citati in quanto “razzisti”; “Il vecchio e il mare” di Hemingway invece è “mascolino” mentre “I Viaggi di Gulliver” sono pieni di stereotipi, per non parlare di “1984” di George Orwell che viene considerato, anche da professori “compiacenti” con la cultura woke, come «offensivo e sconvolgente». Secondo Furedi, intervenuto sul Telegraph negli scorsi giorni, «l’impulso alla censura è vivo e vegeto, sarà meglio che limitino la lettura all’elenco telefonico di Londra». Secondo il docente e sociologo, appena i professori in futuri avranno avuto uno o due “avvertimenti” ecco che smetteranno di presentare e discutere con gli studenti di qualsiasi cosa controversa: «gradualmente, non ci sarà discussione critica», commenta amaramente Furedi,
CENSURA LETTERATURA, IL PROGETTO DI CONTROLLO SULLE PERSONE: COSA DENUNCIA FUREDI
«Gli avvertimenti che un testo conterrebbe dichiarazioni omofobe, razziste o bigotte sono apparsi con l’apparente scopo di proteggere i lettori», spiega il prof. Furedi al “Foglio” denunciando quella che definisce una “medicalizzazione della lettura” come parallela allo stato d’animo di «censura nei campus inglesi». Furedi anni fa a Tilburg in Olanda aveva lanciato l’allarme con i propri colleghi durante un discorso sulla tolleranza: denunciò il problema dei “trigger warning” ma diversi studenti respinsero «questi avvisi come una stupida idea americana. Quando ho espresso preoccupazione per l’impatto corrosivo degli avvisi sulla vita accademica, molti colleghi mi hanno criticato per aver fatto un grosso problema su qualcosa che presto sarebbe scomparso. Evidentemente non sono riusciti a cogliere lo slancio potente che guida la medicalizzazione della vita pubblica».
Il poter definire alcuni romanzi che hanno fatto la storia della letteratura come potenziali “problemi per la salute” è l’anticamera “politicamente corretta” per imporre la censura sulla suddetta letteratura: «C’è qualcosa di veramente surreale nel modo superficiale in cui praticamente qualsiasi romanzo e poesia può essere definito un problema di salute». Furedi ricorda come George Orwell prima di tutti e in maniera assai lungimirante seppe cogliere il rischio della futura “woke culture”: «Gli avvisi sono parte integrante del progetto di controllo di come le persone dovrebbero sentirsi e rispondere ai libri e in particolare alla letteratura. Invia il messaggio che ci aspettiamo che tu reagisca in accordo con la nostra prospettiva woke. Uno dei suoi obiettivi è svilire lo status morale della cultura occidentale», conclude il professore al “Foglio”.