Il decreto rave è stato convertito in legge, ma le polemiche non si sono placate dopo il via libera tra caos e bagarre. Anzi, c’è chi promette battaglia e si dice pronto ad andare avanti nonostante il provvedimento approvato, appunto, dal governo Meloni. «Organizzo rave da trent’anni, per me è una scelta di vita – racconta Dj Orz al Guardian –. Non possono pensare di fermare il vento».
Non sarà una legge a fermare i raver? Eppure, il primo disegno di legge proposto da quando la premier Giorgia Meloni si è insediata a ottobre rende l’organizzazione di un rave un reato specifico punibile non solo con multe fino a 10mila euro e la confisca delle attrezzature, ma anche con tre-sei anni di carcere. Inoltre, la legge consente di sorvegliare i gruppi sospettati di organizzare questi eventi non autorizzati, anche mettendo sotto controllo i telefoni. Per Giulio Centemero, deputato della Lega, la legge anti rave era «necessaria per aggiornare il nostro sistema di tutela della proprietà privata e della sicurezza pubblica».
Ne ha parlato al Guardian, che ha ricostruito anche la storia di questo fenomeno. Comunque, per Giulio Centemero era indispensabile una legge ad hoc, perché «nel nostro sistema giuridico non esisteva una definizione organica di rave party illegale. In un sistema di diritto civile come il nostro, era quindi necessario codificarlo». Riguardo le critiche mosse sull’uso di mezzi sproporzionati, come le intercettazioni telefoniche, nel decreto rave, il deputato della Lega dissente totalmente: «Questi strumenti sono previsti dal codice penale. Sono eccessivi? Non credo».
DAL TEKNIVAL DI VALENTANO AL DECRETO ANTI RAVE
Tutto è cambiato nel 2021, con il teknival a Valentano, organizzato nella proprietà di un imprenditore locale che era candidato con Fratelli d’Italia. Un giovane cittadino britannico, Gianluca Santiago Camassa, durante il rave annegò in un lago vicino. Il padre, come ricostruito dal Guardian, sostiene che voleva partecipare al rave, ma sarebbe morto prima in un incidente di nuoto non correlato, ma per i media italiani la sua morte era collegata al rave e scoppiò il putiferio. Emersero storie di stupri, nessuna supportata da prove o da testimoni. I giornali raccontarono la storia di un parto durante il rave, basta su un’unica citazione anonima fornita ad un’agenzia di stampa, senza alcun riscontro. Insomma, fu bollato come il “rave degli orrori“. Da allora, spiega Dj Orz, «è iniziata la campagna mediatica contro di noi, si parlava di cani morti, di ragazze violentate, ma era tutto inventato». Nell’ottobre 2022 alla periferia di Modena si è tenuto End of the Rave, un evento più piccolo, ma il primo sotto il governo Meloni. Non solo è stato fermato, ma è stato il punto di partenza del decreto rave.
“ORGANIZZARE RAVE COME ASSOCIAZIONE A DELINQUERE”
Un produttore e promoter musicale che fino al 30 dicembre organizzava rave ora di fatto è un potenziale criminale. Come Santano Viperillo, che intende continuare ad organizzare le feste di cui si occupa sin dagli anni ’90. La questione è a dir poco delicata, infatti l’avvocato Nicolò Bussolati, che difende spesso gli organizzatori di rave, al Guardian spiega che questa legge rischia di «rovinare la vita» dei suoi clienti, molti dei quali sono ancora ventenni. Di fatto, chi organizza un rave «ora può essere punito con una pena molto alta, simile a quella di un’associazione a delinquere». Basti pensare che la pena minima prevista è sei volte superiore a quella del sequestro di persona, per il quale infatti si parte da sei mesi. «È una chiara dichiarazione ai cittadini che organizzare un rave è uno dei peggiori crimini che si possano commettere», aggiunge il legale al Guardian. Eppure per anni sono stati organizzati rave in Italia senza essere considerati un grave problema.
LE ORIGINI DEI RAVE
Negli ultimi anni però le cose sono cambiate, a partire dalla narrazione di media e politici conservatori. Inizialmente era un fenomeno di nicchia, «frequentato da persone provenienti da altre sottoculture come il punk, l’hip-hop e gli squatter», spiega il Dj e produttore noto come Pablito El Drito, che ha scritto anche dei libri sul tema. Il fenomeno dei rave è cresciuto dopo il 1994, quando alcune crew britanniche, in fuga dalla repressione dei rave illegali in patria, si sono trasferite in Francia e in Italia. Questo è il caso, ad esempio, di Spiral Tribe, un collettivo londinese che ha affrontato un processo definito «uno dei casi più lunghi e costosi della storia legale britannica»: divenne una forza trainante in Italia e introdusse una cultura itinerante, oltre che una nuova estetica. La scena rave italiana è cresciuta ulteriormente nei primi anni 2000 con Internet. Infatti, organizzarono il teknival a Pinerolo nel 2007 con 40mila persone. Nonostante l’Italia avesse già una legge contro la violazione della proprietà privata, quindi erano necessari permessi per l’uso di spazi pubblici, questi eventi passavano sotto silenzio. Fino ad oggi.