Il centrodestra festeggia un doppio successo con percentuali superiori al 50% tanto in Lombardia quanto nel Lazio. È un risultato che non si spiega soltanto con la mancanza di alternative: la fiducia nella coalizione di governo appare consolidata. Fratelli d’Italia si conferma primo partito con oltre il 25% dei voti, seguito da Lega – che torna a crescere – e Forza Italia. Nessuna “cannibalizzazione” da parte della Meloni e dei suoi.
Se a settembre si era votato sulla fiducia, ora alle spalle ci sono già provvedimenti approvati e sfide affrontate come la legge di bilancio, gli avanzamenti del Pnrr, i rapporti con i partner europei, i sostegni contro la crisi energetica. Il centrodestra appare più equilibrato rispetto al 25 settembre. Allora regnavano le incognite su come avrebbe governato Giorgia Meloni e su come sarebbero stati i rapporti interni alla coalizione, che sembrava sbilanciata sulla futura premier. Un enorme punto interrogativo riguardava i passi che sarebbero stati compiuti in Europa. Ora qualche dubbio sembra fugato e il consenso degli elettori è più consapevole.
La vittoria di Attilio Fontana (54,69% dato provvisorio) in Lombardia è una vittoria personale di Salvini. È stato lui a volerlo a tutti i costi, anche quando il governatore appariva in forte difficoltà: provato dalla gestione della pandemia, costretto a cambiare assessore alla Sanità, colpito da inchieste (dalle quali è uscito pulito), traballante davanti alla sfida lanciatagli dall’interno della sua stessa giunta regionale quando si candidò la Moratti. Salvini ha sempre fatto quadrato attorno all’ex sindaco leghista di Varese e gli elettori lombardi gli hanno dato ragione. Ai voti della Lega in Lombardia (16,5%) vanno aggiunti anche quelli di Lombardia Ideale (6,2%), la lista civica di imprenditori, professionisti e componenti della società civile formatasi per sostenere la ricandidatura di Fontana. Questa somma consente alla Lega di Salvini, almeno nella sua regione, di superare il Pd come secondo partito. Ma segnali di consenso per il leader leghista vengono anche dal Veneto: il congresso provinciale a Treviso, il feudo di Luca Zaia, è stato vinto da un salviniano, Dimitri Coin.
Dunque, tiene la Lega ma regge anche Forza Italia (7,3% in Lombardia), a lungo prima forza nella regione del Nord e ora in linea con i voti raccolti alle politiche. La sparata di Silvio Berlusconi all’uscita dal seggio contro la politica estera del suo stesso governo non ha intaccato il risultato: segno che la polemica ha infiammato i giornali e le opposizioni ma non chi ha messo la scheda nell’urna (anzi, gli elettori potrebbero essere d’accordo proprio con Berlusconi, visto che solo il 30% degli italiani è favorevole all’invio di armi a l’Ucraina).
Non c’è stato neppure il temuto “effetto Moratti”, cioè un’emorragia di consensi subita dagli altri partiti a favore dei riformisti moderati del Terzo polo. L’ex sindaca di Milano ha avuto un buon successo personale (9,85%), confermato dal fatto che la sua lista ha superato quella degli alleati Calenda e Renzi, sottraendo voti anche al centrodestra. Il vero danno la Moratti l’ha fatto al Terzo polo, nato pochi mesi fa per stupire: a settembre nel centro di Milano il partito di Calenda segnò un exploit notevole (23%). Ora invece l’unione tra Azione e Italia viva sembra già avviata nella parte discendente della parabola verso un futuro molto incerto.
Nel Lazio si inverte lo schema: il candidato Francesco Rocca, ex presidente della Croce rossa, scelto da Fratelli d’Italia e appoggiato dagli alleati, unisce la coalizione raggiungendo il 53,88%. La sua lista porta in dote meno di quella di Fontana in Lombardia (2,03% contro 6,15%) ma il risultato è assicurato dal partito guida (FdI, 33,6%, due punti in più rispetto alle politiche) e dal risultato di Lega e FI (8,5% e 8,4%). La bassa affluenza regionale raggiunge il picco negativo a Roma, dove ha votato il 33,11%. Anche nel Lazio, come in Lombardia, sono le alleanze a “sfiduciare” gli elettori del centrosinistra: cambia la formula, con Renzi e Calenda stavolta in coalizione con D’Amato, e M5s voluto da Conte in corsa solitaria, ma non il risultato: la somma di tutto il centrosinistra, M5s compresi, si ferma a 10 punti dal vincitore. Il Pd resta centrale, il suo “compagni di strada”, con aspirazioni verdi o centriste, molto meno.
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