Il cervello non “dorme” mai. A rivelarlo, come riportato dal Corriere della Sera, è uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas). I ricercatori hanno dimostrato che durante il sonno – come da svegli, seppure con ritmi diversi – alcune strutture come l’ippocampo continuano a lavorare, comunicando con diverse aree della corteccia cerebrale. L’attività consiste in brevi accessi che mettono in contatto fra di loro aree anche molto distanti, creando specifici network di neuroni.



Uno di questi network è il cosiddetto Default Mode Network, conosciuto perché la sua attivazione è possibile anche durante la veglia, quando non stiamo pensando a nulla. Gli studiosi hanno scoperto che, soprattutto durante la fase non-REM del sonno, esso è in continua conversazione con l’ippocampo. La loro comunicazione pare sia alla base della creazione della memoria. Il lavoro consiste infatti nell’elaborare le informazioni ricevute, selezionarle e avviare la conservazione di quelle che ritiene importanti. È così che l’esperienza si trasforma in conoscenza oppure in abilità fisiche.



Cervello non “dorme” mai: studio svela cosa fa durante il sonno

“Per capire quello che avviene nel cervello durante il sonno bisogna tenere presente che in questa fase il cervello non “dorme” e il suo livello di attività è paragonabile a quello osservato durante la veglia, anche se con un “ritmo” alquanto differente”, ha evidenziato Francesco Battaglia, neuroscienziato italiano che attualmente lavora al Donders Institute for Brain Cognition and Behaviour della Radboud University a Nijmegen, in Olanda. Quando dormiamo, il cervello non ha bisogno di rispondere a stimoli provenienti dall’esterno, bensì l’attività cerebrale è in gran parte generata spontaneamente e autonomamente.



“Durante il sonno, così come nella veglia quando non siamo impegnati, il cervello è come liberato dalle incombenze e quindi può riprocessare, in maniera conscia o inconscia, le informazioni che ha ricevuto in precedenza. Questa è la nostra memoria, che non è un ricettacolo passivo di dati, come un disco del computer, ma qualcosa di attivo e in continua evoluzione”, ha concluso l’esperto.