Cesare Bocci ricorda l’inizio nel teatro
Cesare Bocci, celebre volto di Mimì Augello nella fortunatissima serie del Commissario Montalbano, si è recentemente raccontato con il quotidiano Libero, ripercorrendo brevemente quell’importante esperienza con la serie Rai. Prima di questo, però, ha parlato anche del suo passato, di come ha iniziato nel teatro e di cosa ci veda lui nel mondo della recitazione. “Ho iniziato al teatrino parrocchiale da 60 posti di Camporotondo”, racconta, arrivando poi nel 1983 a fondare la Compagnia della Rancia, rinomata per la sua attenzione al mondo dei musical.
E parlando della compagnia teatrale che ha contribuito a fondare, Cesare Bocci ricorda come siano “stati fortunati a incontrarci. Abbiamo avuto uno sviluppo rapidissimo molto forte”, dovuto anche al fatto che concentrandosi sui musical “andavamo ad occupare un settore non occupato da altri”. Fu una bella esperienza, certo, ma anche difficile, “non avevamo una lira, tutti facevamo tutto: io facevo l’attore ma anche il tecnico, il costruttore delle scene e il trasportatore”, ricorda Cesare Bocci. “Indubbiamente”, continua, “il teatro è una parte irrinunciabile della mia vita”.
Cesare Bocci e il rapporto con Andrea Camilleri
Insomma, per Cesare Bocci il teatro è fondamentale, ma di contro si tratta di “una tradizione che purtroppo stiamo perdendo perché i giovani non lo frequentano più”. Il teatro, ma anche la televisione e il cinema, secondo l’attore “sono lo specchio della società”, ed è quello che cerca di fare con la sua nuova produzione, Il Figlio, che “racconta un disagio di tanti giovani e dei genitori che non riescono a comprenderli perché per generazioni precedenti, come la mia, il dialogo tra genitori e figli praticamente non esisteva“.
Parlando di Montalbano, invece, Cesare Bocci ne parla come si un esperienza che gli manca molto, “era come una seconda casa”. E, poi, gli manca Andrea Camilleri, del quale ricorda i “pranzi meravigliosi e gli incontri in occasioni ufficiali. Saremmo stati ore a sentire Andrea con le sue pause teatrali, la sua voce calda con la quale ti portava nel suo mondo”. Mentre parlando, in conclusione, del teatro e del suo futuro, Cesare Bocci ritiene che sia necessario, da parte dello Stato, “riconoscere la categoria di attori e lavoratori dello spettacolo (..) in quanto settore importante dell’economia e sostenendo, quindi, lo spettacolo. Non solo perché la cultura fa bene all’anima, ma perché è un’industria che impiega più di 600mila lavoratori e ha un valore nel Pil nazionale con la quale vivono centinaia di migliaia di famiglie“.