Che cos’è poi un sindacato? La domanda, magari apparentemente inutile (in fondo c’è sempre chi, quando dici di essere stato sindacalista, ti risponde: allora non hai mai lavorato! E tu gli invariabilmente glielo confermi: “Mai, ma ci vuole talento a essere pagati per fare nulla. E tu mi sa che non hai proprio nessun talento!”), perde ogni apparenza (in bene o in male? Scegliete poi voi) quando ragioni sul rapporto tra sindacato e politica. C’è davvero qualche diversità? I sindacati sono gli ultimi partiti (parlandone da vivi)? Sono dei dinosauri che non sanno di essere estinti e che quindi continuano a rincorrere prede da azzannare?
Oggettivamente, se non altro dal punto di vista delle prede, la cosa potrebbe parere fastidiosa. Resta comunque lecito chiedersi se i sindacati siano dei partiti e come questi si siano estinti soppiantati da compagnie personali. Certo, anch’essi hanno subito chi più chi meno, e come avrebbe potuto non essere?, il fascino del moderno, lo slittamento verso stili di governo più personalistici, ma in fondo restano ancora un punto di osservazione sulla realtà e un luogo di formazione di giudizi politici. Ma giudizio politico non è giudizio di partito: e questo non ce l’hanno mica tutti (i sindacati, dico), chiaro in testa.
Prendete Pavlov: al secolo Maurizio Landini. Abbiamo visto qualche settimana fa al solo suono della parola “Manovra” abbia reagito con un armamentario strategico locutorio che ha, e li dimostra tutti, almeno 60 anni. La fortuna di Landini è che la gente non coltiva l’arte della memoria e mica si ricorda dei risultati della mobilitazione dell’anno scorso e dunque si sta già attrezzando per la consueta visita autunnale ad limina, cioè nella Roma che fu pontificia. Solo che invece di recarsi al Sacro Soglio si va in piazza San Giovanni a protestare, manifestare, contestare, e via disapprovando. Poi si torna a casina e ci si prepara per il prossimo giro.
E cosa dovrebbe fare, di grazia, un sindacato? Se mai avessi lavorato e fossi stato un politico avrei risposto: grazie della domanda utile, profonda e atta a chiarire. Ma siccome ho talento (e ne sono ben conscio), mi limito segnalare la posizione della Cisl sulla manovra, tutt’altro che epocale diciamolo, meloniana. Vabbé, diranno i soliti amici, ma a te la Cisl nel-cuor-ti-sta ed è facile capire perché la elogi. Giusto: ma se è facile capire perché non la seguite? Perché non fate come lei e così anche voi avrete diritto alla approvazione di un talentuoso? Cioè alla mia? Gigi Sbarra non passerà alla storia sindacale per aver inventato chissà che, ma certo sarà citato come esempio di solidità di fronte alla tempesta: in fondo mica tanti decenni fa i compagni allora egemoni nei sindacati contestavano i Governi democristiani perché “fascisti”, “servi del capitalismo”, “schiavi dei padroni”. Ora che qualche nostalgico, non pentito, del Mascellone siede addirittura in scranni nobili e altissimi quelle parole mostrano tutta la loro carica ideologica e infatti le armi, anche e soprattutto dialettiche, sono scariche.
Il Governo, quello attuale come quelli che lo precedettero, procedono col pilota automatico: chi si ricorda più di quanto prima che una manovra prendesse forma non si dice legale ma addirittura nella mente del ministro del Tesoro dell’epoca, era obbligo, mica prassi o cortesia: obbligo!, convocare i sindacati per sentire il loro parere e concordare con loro la linea? Nostalgia, quella nostra? Ma neanche per sbaglio. Semplicemente una lezione di storia: se allora andava così, cos’è che oggi lo impedisce? Gli è che se io so che tu, tanto per non sbagliarti, ripeti sempre la stessa mossa, alla fine anch’io, che non sono un genio e non ho talento ma ho un po’ di spirito di osservazione, capirò cosa fare per evitarmi problemi e difficoltà. Così, se io so che tu tanto a novembre devi venire a Roma con l’attrezzatura per ricordare al mondo che sei vivo e che la lotta di classe non è morta, e che tu rappresenti i più poveri (e invece rappresenti magari solo i meno ricchi tra i più garantiti), alla fin fine chi me lo fa fare di impiegare il mio tempo con te?
D’accordo, diranno i soliti amici, tanto amici da essere quasi compagni, ma la Cisl che fa di diverso? Fa il sindacato appunto, lo fa da anni e quando anche dei veri geni della politica sociale, come lo è Sergio D’Antoni, tentarono di farsi il partito usando la Cisl, il corpaccione cislino reagì malino (per essere eufemistici). L’autonomia è quella che ti porta a vedere il bene dove c’è, anche se chi lo fa ti è simpatico come un riccio nelle mutande. Si capisce allora perché oggi la Cisl-che-nel-cuor-mi-sta-perché-fa-cose-ragionevoli possa chiedere credibilmente di incontrare il Governo: perché tra le misure annunciate distingue, e lo dice a chiare lettere, tra quelle buone, quelle da implementare e quelle che mancano. Non si limita a dire: cambiate o facciamo sciopero. Figurarsi: perché dovrebbero cambiare la manovra, ammesso che ne siano in grado e lo vogliano? Per far fare bella figura a te? E se anche volessero farti fare bella figura, a loro cosa ne verrebbe in tasca? Quel consenso politico che per loro è ossigeno e che però oggi tu non sei in grado di orientare? Meglio, tanto meglio, al posto di contestare a priori, la scelta di seguire l’iter della manovra, indirizzarlo con un’azione ai fianchi, contrattare quel che si può e si riesce. Insomma, meglio il riformismo del rivoluzionarismo.
Ecco: alla fine del giro ci siamo arrivati: un sindacato è tale se si adatta ai tempi e man mano erode le certezze granitiche di chi siede al Governo o di chi dirige imprese, portando benefici a quanti egli rappresenta.
Detto ciò, con la Cisl e Sbarra attendiamo impazienti il confronto con il Governo per discutere e analizzare i contenuti del Ddl Bilancio e a quel punto sarà anche lecito darne un giudizio sindacale per quanto, onestamente parlando, se le misure annunciate fossero confermate la Manovra accoglierebbe molte istanze Cisl, come la riduzione strutturale del cuneo fiscale, la cui estensione si avvicina alla fascia media, e l’accorpamento delle aliquote Irpef. Poi, a conferma che “sindacato è dove è bisogno”, come avrebbe detto Monsieur de La Palisse, si aggiungeranno le cose da rivedere, da cambiare, finanche da modificare.
Certo che se ogni volta il percorso di confronto sulla manovra diventa anzitutto un “percorso a piedi verso Piazza San Giovanni” sarà ben difficile trovare una sintesi tra i partiti-sindacali e un sindacato riformista anche solo per definire un nuovo Patto della responsabilità basato sulla partecipazione. Ma noi siamo fiduciosi e sappiamo che la via di Damasco, dove comunque non risulta ci sia una piazza San Giovanni, è sempre aperta.
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