Bene la Commissione di garanzia: lo sciopero di Cgil e Uil è fuori dalle regole. Non lo dice un esponente del Governo, ma Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, al Sussidiario, mentre continua lo scontro tra Cgil-Uil e Governo dopo la lettera di precetto firmata martedì sera dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini per limitare l’ennesimo disagio arrecato agli italiani da uno “sciopero Pd-Cgil”, ha detto il ministro.
“È importante non buttare altra benzina sul fuoco, fomentando il conflitto”, spiega Sbarra, per il quale lo sciopero deve arrivare alla fine, come extrema ratio. Prima la Cisl andrà in piazza il 25 novembre a Roma per chiedere al Governo di cambiare la legge di bilancio. ma la vera riforma che impegna la Cisl è la proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese: “La intendiamo come un grande progetto, bipartisan, per una Italia più coesa” afferma il leader cislino.
Segretario, approva l’ultima pronuncia del Garante che ha determinato la contrapposizione tra Governo e Cgil-Uil? O vede un utilizzo strumentale da parte di qualcuno?
Penso che la Commissione di Garanzia, nominata dal Parlamento e guidata da una personalità del mondo accademico, abbia esercitato il ruolo autonomo che la legge gli ha conferito.
Le sembrano regole chiare?
Sì, la normativa sulla regolazione dello sciopero generale è molto chiara e seria nel nostro Paese. E va rispettata da tutti. Le deroghe per gli scioperi generali richiedono la piena adesione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative. E qui mi sembra che tale presupposto non ci sia, visto che mancano all’appello molte categorie. Però serve cautela.
A chi si riferisce?
È importante non buttare altra benzina sul fuoco, fomentando il conflitto da una parte e dall’altra. Nessuno mette in discussione in sé il diritto di sciopero, né accetteremmo mai che qualcuno lo facesse. La Cisl ha sempre considerato lo sciopero generale lo strumento “supremo” dell’azione sindacale, l’extrema ratio della lotta.
Ci sta dicendo che prima ci sono altre strade, altre modalità da percorrere?
Ci sono altri mezzi efficaci di pressione. Come la grande manifestazione che noi metteremo in campo sabato 25 novembre a Roma in piazza Santi Apostoli, senza gravare sulle tasche dei lavoratori, senza creare disservizi ai cittadini e senza riversare il conflitto nei luoghi di lavoro e nelle imprese, che nulla hanno a che fare con i contenuti della manovra, e con cui invece bisognerebbe avviare un cammino di partecipazione su obiettivi comuni.
Le sigle che scioperano il 17 lo fanno contro la legge di bilancio. E la Cisl? Quali sono le vostre osservazioni sulla manovra?
Questa non è la manovra espansiva che avrebbe voluto la Cisl. L’ambizione anti-ciclica è mortificata dalla cubatura limitata delle risorse messe in campo: da questo derivano tutte le altre criticità. Detto questo, però, dobbiamo parlare il linguaggio della realtà, e la realtà ci indica che molti provvedimenti rispondono alle richieste che abbiamo fatto in questi mesi.
Lo dice ai colleghi di Cgil e Uil?
Non valorizzare o disconoscere questi risultati è un grave errore: mortifica e svilisce un percorso di mobilitazione e di trattativa che invece è stato intenso e produttivo e che ci permette oggi di pretendere il rispetto di quegli affidamenti.
Che cosa valutate positivamente?
Tra le luci ci sono l’operazione sul cuneo contributivo e sull’Irpef, l’innalzamento della no tax area per i lavoratori dipendenti a 8.500 euro, l’azzeramento delle tasse sui fringe benefit fino a 1.000 euro per chi è senza carichi familiari, la proroga della detassazione al 5% dei frutti della contrattazione decentrata. Poi l’intervento su famiglia e natalità, i 13 miliardi stanziati su sanità e Pa nel prossimo biennio, 2 dei quali in busta paga per compensare la vacanza contrattuale. Sono nostre conquiste, è sbagliato non riconoscerle.
E cosa invece non vi piace?
Non ci piace questa stretta sulle pensioni, dopo tanti proclami del Governo che condivideva la nostra piattaforma per mandare in soffitta la legge Fornero. Ci sono delle inaccettabili penalizzazioni per i lavoratori che scelgono di uscire con quota 103. Si tagliano le rendite del personale sanitario, dei maestri, dei lavoratori degli enti locali. Continuiamo a sollecitare maggiore flessibilità, una pensione di garanzia per i giovani, rafforzare Ape Sociale e Opzione donna. Servono più risorse su sanità, istruzione e pubblico impiego: vanno sbloccate le assunzioni e la stabilizzazioni del precariato.
È una lista lunga.
Non è finita. Invochiamo più forti strumenti contro la povertà, maggiore sostegno alla disabilità e più risorse sulla non autosufficienza. Chiediamo di rendere strutturale l’operazione sul cuneo e di azzerare il prelievo sui frutti della contrattazione decentrata.
È stata una manovra di bilancio con poche risorse. Giorgetti lo aveva detto subito.
Ma il problema risorse non può essere paralizzante e blindare l’iter parlamentare, perché soluzioni ce ne sono.
Quali secondo lei?
Ne indichiamo tre: lotta ad evasione ed elusione fiscale, estensione del contributo di solidarietà alle multinazionali dell’economia digitale e della farmaceutica, incremento del prelievo su grandi rendite finanziarie e immobiliari.
È per questo che andate in piazza il 25 novembre a Roma?
Sì, ma non solo. La nostra manifestazione ha un duplice obiettivo: vogliamo indicare le misure correttive della manovra economica, e contemporaneamente guardare anche all’Agenda 2024. Il 25 novembre rilanceremo al Governo e ai nostri interlocutori sociali la sfida di un moderno Patto sociale che dia risposte concertate alla politica di sviluppo del Paese.
Su quali basi?
A cominciare dal sostegno di salari e pensioni, da una nuova politica dei redditi, da investimenti e riforme che elevino qualità e quantità del lavoro, di un nuovo orizzonte di partecipazione nelle relazioni industriali. Non serve solo protestare, bisogna anche proporre, indicare un percorso nuovo e rimboccarsi le maniche per costruire insieme sviluppo e coesione.
La Cisl – lei ha detto alcuni giorni fa – non si fa travolgere dall’egemonia di altri sindacati. Egemonia è una parola molto dura. Mai pentito che le vostre strade – Cisl e Cgil – si siano separate?
La correggo su un dettaglio: io ho parlato di “supposta egemonia”. Perché il Novecento è finito da tempo, e con esso i riferimenti politico-culturali prevalenti. Si fa strada l’esigenza di un’azione sociale e sindacale autonoma e pragmatica, responsabile e partecipativa.
Vuol dire un sindacato più libero, immagino.
Vuol dire un’azione sindacale ancorata ai valori di un personalismo che non ammette cinghie di trasmissione, sovrapposizioni tra rappresentanza sociale e partitica, improbabili missioni storiche. La Cisl conserva gelosamente questi elementi e non ha alcuna mira utilitaristica o di comodo.
Come dire: non facciamo politica, facciamo il sindacato, è questo che intende?
Riteniamo nostro preciso dovere trattare e negoziare avanzamenti, assumendoci fino in fondo la responsabilità della delega concessa dai nostri associati. In questo, come in altro, non ci siamo mai fatti dettare la linea da Governi, forze politiche o altre forze sindacali. Pensiamo Cisl e agiamo Cisl, senza nulla togliere al rispetto che si deve a chi fa altre scelte in campo sindacale.
Che cosa vi distingue da Cgil e Uil oggi?
Un’idea diversa della nostra funzione, oltre alla valutazione dei risultati ottenuti in manovra attraverso la mobilitazione e un confronto con il Governo. Questo confronto, come ho detto, non è stato né falso né inutile.
A proposito di partecipazione. La Cisl sta mandando avanti una proposta di delle imprese. Perché siete convinti che rappresenterebbe una svolta per i lavoratori e non solo?
Perché incrocia tutte le sfide che siamo chiamati ad affrontare in questa stagione difficile: salari più alti, produttività, contrasto alla pirateria industriale, salute e sicurezza nelle fabbriche, stabilità e qualità del lavoro, resilienza del sistema produttivo. Un vera riforma “istituzionale”, direi, capace di unire il Paese e cambiare in positivo il volto del nostro modello di sviluppo.
A che punto siete con le firme?
Ormai siamo vicini al traguardo e a fine novembre depositeremo in Parlamento le adesioni raccolte tra lavoratori, pensionati, cittadini. Voglio sottolineare il valore bipartisan di questa iniziativa. Abbiamo raccolto consensi in ogni schieramento, tra la società civile, nel mondo dell’università, del riformismo sociale, dell’imprenditoria. Un grande progetto per un’Italia più coesa.
Dunque tutti d’accordo? Proprio nessuno sta remando contro?
Non so se qualcuno remi contro. Il rischio vero è che ognuno voghi in una direzione diversa, magari in buona fede, ma facendo restare ferma la barca o addirittura portandola indietro. E allora bisogna ascoltare ancora una volta Papa Francesco, quando esorta tutti i decisori pubblici e sociali a unire gli sforzi e orientarli nella stessa direzione, ognuno offrendo un contributo coerente con la propria responsabilità. È il nostro concetto di Patto. L’idea di una corresponsabilità che deve unire il Paese, e non solo, verso un orizzonte di prosperità, solidarietà. Ci serve una democrazia economica più forte.
(Federico Ferraù)
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