I grandi club ancora una volta all’attacco del merito sportivo ipotizzando quella che potrebbe essere una futura Champions League modello “Superlega” esclusiva, con posti riservati alle squadre più ricche e blasonate, con tanti saluti alle classifiche sul campo? Una frase di Andrea Agnelli parla molto chiaro in proposito: “Ho grande rispetto per quello che sta facendo l’Atalanta – ha detto il presidente della Juventus –, ma senza storia internazionale e con una grande prestazione sportiva ha avuto accesso diretto alla massima competizione europea per club. È giusto o no? Poi penso alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere il ranking dell’Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori, con quello che ne consegue a livello economico. Bisogna anche proteggere gli investimenti e i costi”. Al posto della Roma potremmo metterci l’Inter, il Milan oppure il Napoli, per restare in Italia e per citare chi negli ultimi anni (o in questo) ha saltato qualche turno o rischia di saltarlo, ma queste idee – che certamente non sono soltanto di Andrea Agnelli – rischiano di minare il calcio come lo conosciamo, perché i campionati nazionali diventerebbero “inutili” ai fini della qualificazione alle Coppe. Ad esempio, se un anno il piccolo Leicester vincesse la Premier League (vi ricorda qualcosa?), con questi criteri non potrebbe comunque l’anno dopo partecipare alla Champions League, perché come ranking, fatturato e numeri economici resta logicamente ben lontano dalle big d’Inghilterra.
CHAMPIONS LEAGUE FUTURA: ANDREA AGNELLI E I TANTI NODI DA SCIOGLIERE
Il discorso è naturalmente molto più ampio e merita comunque una riflessione, perché ne va del futuro del calcio europeo. Da Londra, dove ha partecipato al Business of Football Summit, Andrea Agnelli ha parlato infatti del futuro delle Coppe europee: “Stiamo discutendo della polarizzazione dei club e come offrire ad un maggior numero di società la possibilità di crescere e diventare grandi. Oggi ci sono posizioni dominanti, dei grandi mercati e delle grandi leghe. Le leghe minori hanno meno possibilità di lottare. Magari si può mantenere il proprio livello internazionale con una determinata posizione minima in classifica, ci sono molti modi”. In effetti quest’anno in Champions League le 16 squadre agli ottavi arrivano tutte dai cinque massimi campionati (Premier, Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1), quindi tra le penalizzate ci sono grandi blasonate ma di Paesi troppo piccoli per il calcio di oggi (vedi Olanda e Portogallo come esempi perfetti). Potrebbero essagnelliere troppi quattro posti garantiti alle nazioni di spicco, ma è anche vero che riducendoli aumenterebbe il rischio di escludere big che vivessero un anno non esaltante – la stessa Inter sarebbe rimasta fuori quest’anno, perché arrivata quarta dietro l’Atalanta nello scorso campionato. Lo spunto di Agnelli farebbe pensare che tra i criteri si dovrebbero considerare anche i dati economici, tali per cui una Roma sesta si qualificherebbe comunque ai danni di un’Atalanta terza. Forse per i grandi club il vero obiettivo è una Eurolega in stile basket, nella quale quasi tutte le squadre hanno licenze pluriennali garantite, però attenzione: nella pallacanestro il sistema si è spaccato e così abbiamo l’Eurolega che è di fatto il torneo di spicco, ma anche una Champions League della FIBA che, essendo il massimo torneo della Federazione, è quella che formalmente designa i campioni d’Europa. Inoltre, quante squadre per nazione potrebbero entrarvi? Supponendo un torneo d’élite, non moltissime – già tra Inter, Juventus, Milan, Napoli e Roma rischia di esserci qualcuno di troppo. Insomma, al di là delle provocazioni, ci sarà davvero molto da discutere…