Dal 16 agosto 1920, giorno in cui nacque il grande scrittore Charles Bukowski, sono passati esattamente 100 anni. Maestro del realismo, Bukowski è considerato uno degli autori più citati nel Novecento nonché tra i più citati ancora oggi sui social da intere generazioni. Nato in Germania con il nome di Heinrich Karl Bukowski, divenne famoso con lo pseudonimo letterario di Henry Chinaski. La città però alla quale resterà per sempre legato sarà Los Angeles, dove morì nel 1994. Iniziò a lavorare come impiegato postale ma quando gli fu chiesto di scegliere se diventare pazzo continuando a lavorare lì o diventare uno scrittore e morire di fame, non ci pensò due volte a scegliere la seconda diventando immortale. Il successo arrivò e questo fu possibile grazie alla semplicità che scelse di raccontare perchè era lì che, a suo dire, si poteva trovare la profondità. E fu anche quella la chiave di un successo enorme che lo travolse anche post mortem. Con il suo modo di scrivere ed il suo stile realistico diede vita ad una nuova corrente ribattezzata “realismo sporco”. Definito scrittore di culto e rottura, segnò la letteratura americana e non solo.



CHARLES BUKOWSKI, 100 ANNI FA LA SUA NASCITA

Nei circa 60 libri tra romanzi, racconti e poesie, ciò che emerge di Charles Bukowski è il suo inconfondibile stile duro, cinico e ironico al tempo stesso, dove a fare da sfondo sono sempre i suoi personaggi alcolisti e malati di sesso, asociali, ben distanti dai modelli del sogno americano post bellico. “Quello che scrivo è al 95 per cento vita vera, e solo al 5 per cento fiction”, raccontava lo stesso autore. la sua, d’altro canto, come rammenta anche Corriere della Sera fu una vita di eccessi e ribellioni. Pare che abbia addirittura frequentato simpatizzanti nazisti poi stigmatizzati nei suoi rapporti, fino a passare all’estrema sinistra. Simpatie giovanili che successivamente smentì categoricamente negando il suo interesse per la politica. Tra il 1944-45 visse un decennio di totale “buio” esistenziale dal quale ne uscì del tutto consumato fisicamente e non solo. Quel periodo da lui stesso definito “una sbronza lunga dieci anni” ancora una volta trovò spazio nei suoi racconti. Dopo alcune relazioni sentimentali la sua vena artistica divenne così feconda da tornare a scrivere e pubblicare senza sosta. Tra le sue opere più importanti e celebri, i romanzi Factotum (1975), Panino al prosciutto (1982), Hollywood (1990) e l’ultimo, scritto in punto di morte, Pulp.

Leggi anche

ARTE/ Friedrich, quando l’infinito “riscatta” l’ossessione della morteLETTURE/ Lauretano, inseguire il senso delle parole sotto le macerie di "questo Spentoevo"