Caro direttore,

trovo che la maggior parte degli articoli pubblicati sul Sussidiario a proposito dei recenti sviluppi dell’AI (e in particolare di Chat GPT) siano dominati dal timore e dalla preoccupazione che questi sistemi mostrano un comportamento troppo simile a noi “umani” e quindi potrebbero essere in grado di sostituirci, in un prossimo futuro, in molte attività cognitive che noi riteniamo essere tipiche della nostra umanità.



In un libro recente (I, Human: AI, Automation and the Quest to Reclaim What Makes Us Unique) il prof. Tomas Chamorro-Premuzic, docente di Business Psychology  presso la Columbia University, e Chief Innovation Officer in Manpower Group, mi pare affronti la questione dal lato giusto, e cioè : noi ci preoccupiamo tanto dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale e invece dovremmo lavorare molto di più su noi stessi per rispondere alla domanda: ma che cosa ci rende veramente umani?



Ciò che caratterizza la nostra umanità, e ci rende cosi diversi dall’intelligenza artificiale non è il fatto che conosciamo tante informazioni (l’AI di più..), che sappiamo rispondere a tante domande (l’AI di più..), che sappiamo fare molti lavori intellettuali come scrivere un libro, un articolo, una ricerca, ecc. (l’AI di più…). Noi siamo preoccupati dello sviluppo dell’AI perché abbiamo una visione ridotta della nostra umanità.

“While we are helping AI to upgrade itself, we are steadly dowgrading ourselves” (pag 210). Noi non siamo sufficientemente impegnati a educare e far evolvere le caratteristiche che ci rendono veramente umani: la curiosità, l’apertura, il desiderio di imparare, la capacità di fare domande, la spinta inesauribile a cercare la verità e la felicità, il desiderio di conoscere il senso della nostra vita e di tutto ciò che ci accade, il desiderio inesauribile di rispondere alle domande che qualunque persona in tutto il mondo, in qualsiasi cultura ha nel cuore: chi sono io? Perché vivo? Che senso ha il mondo? Coltivare tutto questo (e altro) ci rende veramente umani e cosi possiamo guardare positivamente anche agli sviluppi dell’AI che ci aiuterà a eliminare attività ripetitive e noiose che non sono certo l’essenza della nostra umanità.



In poche parole: non serve preoccuparsi perché l’intelligenza artificiale diventa sempre più umana… coltiviamo invece la nostra vera umanità e non avremo più paura dell’AI.

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