Ci conviene o no sottoscrivere il Mes, ovvero il Meccanismo europeo di stabilità? Domanda da un miliardo di dollari che merita affrontare con l’aiuto di alcuni numeri, a mo’ di ripasso.

In particolare, il Mes è un fondo di salvataggio creato nel 2012 per aiutare i Paesi dell’area euro in difficoltà finanziaria. Il Mes ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del Mes per 125,4 miliardi.



La decisione di sottoscrivere il Mes dipende da diversi fattori politici ed economici, che non sono semplici da valutare. Alcuni vantaggi potrebbero essere: il Mes potrebbe offrire all’Italia una fonte di finanziamento a basso costo e a lunga scadenza per affrontare le conseguenze della pandemia di Covid-19. Il Mes ha infatti creato uno strumento chiamato Sure, che prevede prestiti fino a 540 miliardi ai Paesi membri per sostenere la spesa sanitaria e sociale. Il Mes potrebbe però comportare dei vincoli e delle condizionalità per l’Italia in termini di politica economica e fiscale. Il Mes richiede ai Paesi beneficiari di adottare delle riforme strutturali e di rispettare i parametri del Patto di stabilità e crescita.



Queste sono solo alcune delle possibili considerazioni da fare su questo tema. In questo contesto, un essere umano potrebbe dire che non esiste una risposta univoca o definitiva, ma che occorre valutare attentamente i pro e i contro di ogni scelta.

Quella sopra riportata è la risposta alla domanda sul Mes che si ottiene interrogando Bing Chat, il motore di ricerca Microsoft che utilizza ChatGPT, l’applicazione messa a punto da Open AI. La parola finale, ci dice il robot, spetta all’uomo: sarà lui a decidere dopo aver valutato i pro e i contro. Ma le cose non vanno sempre così, come ci avverte Sam Altman, il creatore di Open AI che davanti al Congresso ha segnalato alcuni dei possibili pericoli in arrivo dall'”amico robot”.



Il più grave naturalmente riguarda le fake news. Nulla ci garantisce, in assenza di regole (e garanti capaci di farle rispettare), che i prodotti sfornati dall’AI (Intelligenza Artificiale) siano veritieri. Al proposito merita citare l’infortunio occorso all’Irish Times, il principale quotidiano irlandese. Il 4 maggio scorso arriva alla rubrica delle opinioni del giornale un lungo intervento di Adriana Acosta Cortez, che si presenta come un’immigrata dall’Ecuador da otto anni. La signora si scaglia contro la moda delle creme autoabbronzanti assai diffuso nell’isola per un “feticcio culturale” ma ad alto rischio per gli effetti sulla pelle. L’intervento è giudicato meritevole di pubblicazione, purché accompagnato da una foto e da una breve biografia dell’autrice che, puntualmente, viene recapitata al giornale. L’intervento della signora Adriana, una volta pubblicato, suscita un ampio dibattito tra le lettrici al punto che la tv di Stato chiede il suo indirizzo per invitarla a un dibattito. Ma, sorpresa, il numero inviato dalla signora Acosta si rivela essere quello di… un clown. Sì, proprio quello di uno di più famosi protagonisti del circo di Dublino. E dopo un’imbarazzata indagine, il quotidiano è stato costretto a confessare che la signora Adriana non esiste; l’articolo è il frutto di una serie di considerazioni ricavate da ChatGPT: l’essere umano, insomma, non c’entra più. O quasi più.

È quanto sostengono gli autori di Hollywood, in sciopero contro l’applicazione estensiva dell’Intelligenza Artificiale. Certo, è difficile almeno per ora che un robot possa aspirare a vincere un Oscar per la sceneggiatura. Ma è più che possibile che le macchine possano sfornare, a prezzi vili, serie “grezze” di copioni che l’autore finale si limiterà a rivedere nella stesura finale. Con un enorme risparmio per gli studios, a danno degli autori. Un po’ quello che capiterà ai colletti bianchi del digitale, destinati a perdere il posto di fronte all’avanzata dell’amico robot. Non è un caso se BT, il gestore della rete del Regno Unito, si spinge a prevedere 55mila tagli entro il 2030. Grazie all’Intelligenza Artificiale molte unità di business sono destinate a diventare inutili.

Di qui gli scrupoli di una buona parte dei protagonisti dell’economia digitale di fronte a una rivoluzione ben più radicale della stessa introduzione di Internet. Anche perché è in gioco la stessa democrazia. Che accadrà il giorno in cui una sedicente signora Adriana decidesse di metterci in guardia contro una medicina o contro un pericolo in arrivo “dall’altro mondo”, che sia quello dei migranti o semplicemente degli altri? Siamo ancora in tempo per regolamentare il settore, ma bisogna agire rapidamente. Come le aziende farmaceutiche non possono mettere in giro nuovi farmaci prima di accurato test di sicurezza, così i Big della tecnologia dovranno garantire la sicurezza dei nuovi prodotti passando test rigorosi.

Così facendo, è l’obiezione, si rischia di lasciare libertà di azione alle dittature che non hanno certi scrupoli. Ma non è così. “La democrazia – scrive lo storico Yuval Harari – è fatta di conversazioni e le conversazioni si basano sul linguaggio: se viene meno la libertà di linguaggio, la democrazia svanisce”. E non è una preoccupazione astratta, se si pensa ai prossimi appuntamenti elettorali, a partire dalle elezioni Usa: sarà sempre più difficile capire se il nostro interlocutore sarà un “essere umano”. E più facile cedere alla pigrizia di riferire quel che si è sentito dire.

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