Le risorse idriche di acqua pulita, preziose e sempre più carenti sul pianeta non sono minacciate solamente dalle grandi industrie e dagli allevamenti intensivi, anche la tecnologia purtroppo ne spreca una grande quantità. Secondo quanto emerso da un recente studio pubblicato dall’Università del Texas e guidato dal professore Shaolei Ren, intitolato “Rendere l’intelligenza artificiale meno assetata: scoprire e affrontare l’impronta idrica segreta dei modelli di intelligenza artificiale“, l’addestramento dei nuovi sistemi di algoritmi utili per implementare i modelli linguistici all’avanguardia, come ad esempio ChatGpt e Gp-3 necessita di migliaia di litri di acqua, utili non solo per la produzione dell’elettricità ma anche per il raffreddamento dei server.



Il risultato è secondo la statistica mostrata nella ricerca, per ogni 20 domande da parte degli utenti verrebbe sprecato l’equivalente di una bottiglietta da mezzo litro, proveniente da fonti e risorse non inquinate. A finire sotto accusa sarebbero principalmente i grandi colossi del settore come Google, Microsoft e Meta, colpevoli di attingere alle risorse di acqua potabile senza essere troppo attenti al problema sostenibilità.



Studio su intelligenza artificiale e spreco di acqua “Serve più trasparenza sui dati dei consumi”

Lo studio condotto dall’Università del Texas e pubblicato sulla testata giornalistica Gizmodo, ha dimostrato che per implementare l’apprendimento dei sistemi di intelligenza artificiale viene costantemente utilizzata l’acqua da fonti idriche pulite potabili e quindi togliendo di fatto risorse utili alla popolazione. Il problema principale analizzato, non è solo quello della quantità, pari a 700mila litri, necessari soltanto per l’addestramento, ma anche il fatto che non verrebbero considerati sistemi per aumentare la sostenibilità. Ad esempio, come sostengono gli esperti si potrebbe impostare un timer come viene attualmente fatto per l’elettricità e la produzione di CO2, anche per quanto riguarda l’acqua utilizzata per il raffreddamento dei server.



Nei data center presenti in Usa, specialmente quelli negli stati con clima più caldo come Florida e Texas, lo spreco è maggiore proprio a causa delle alte temperature raggiunte. Ma secondo le stime, questa potrebbe non rappresentare una valida soluzione, perchè anche spostando gli orari di apprendimento durante le ore notturne non si risolverebbe il problema perchè sprecando meno acqua si consumerebbe più energia e quindi aumenterebbero le emissioni nocive. I ricercatori quindi stanno facendo appello alle istituzioni, per sostenere nuovi studi e soprattutto per spingere le compagnie Big Tech a pubblicare i dati reali sul consumo idrico, ora protetti dal “segreto aziendale“.