Chef Ruben, cuoco romano molto amato sui social dove è conosciuto per via del suo format nel quale cucina sul balcone di casa, spesso invitando gente, si racconta a “Ciao Maschio”, partendo dell’idea avuta nel girare video: “Durante la pandemia avevo il Covid ed ero a casa dei miei genitori ma siccome volevo cucinare qualcosa, mi sono messo sul balcone con un fornelletto che uso quando faccio lo chef a domicilio e mi sono messo a cucinare”. Da lì, è nato il format che in pochi anno lo ha reso amatissimo dal pubblico.
Parlando del suo carattere, chef Ruben spiega: “Io sono ansioso, anche le maestre alle elementari lo dicevano. Ora sono peggio di prima. Quando sono davanti le telecamere e chiacchiero non sono ansioso, non ho ansia da prestazione. Però ho paura che succedano cose brutte, che arrivino momenti negativi, che poi quando succede li so anche affrontare bene. Ma cerco sempre il controllo della situazione perché quando arrivano le cose brutte, almeno lo avevo previsto. L’ansia è una riserva, perché quando arrivano queste cose brutte, almeno fa meno male”.
Chef Ruben: “Per fare questo lavoro servono passione e sopportazione”
L’ansia, secondo chef Ruben, nasce un po’ anche dalla paura di fallire. Come racconta a “Ciao Maschio”, “io nella vita non ho mai fallito, tutto quello che volevo fare l’ho fatto. Ad esempio mi hanno bocciato un anno allo scientifico ma è stata per me una vittoria perché ho cominciato a fare ciò che volevo. Per questo lavoro ci vuole determinazione: quando ho cominciato a lavorare tremavo di fronte allo chef. La notte mi ricordo che non ho dormito e la sera, quando finiva il servizio, ero triste di tornare a casa. Ci vuole tanta passione e sopportazione, non è facile lavorare in cucina. A Londra ad esempio ho lavorato un anno e mezzo e l’ho fatto per superare i miei limiti, anche se sono arrivato che non parlavo una parole di inglese”.
Raccontando della sua famiglia, Ruben spiega: “Sono nato in una famiglia bellissima, ho conosciuto tutti i nonni e tre bisnonni. Una famiglia molto unita, dove ci si aiuta tanto, ma dove senti anche il peso del giudizio perché quando sei molto unito è così”. Il terzo aggettivo con il quale si descrive a “Ciao Maschio” è “sensibile”: “Se uno piange è una cosa bellissima. A me viene da piangere un po’ per tutto, ad esempio quando doveva uscire il mio libro mi sono commosso. Ad esempio ieri sera ho pianto perché ho letto una dedica di una persona a un’altra che non c’è più e mi sono emozionato, mi sono immedesimato nel dolore”.