Per il tumore del seno avanzato c’è una nuova opportunità terapeutica. Si tratta della chemioterapia metronomica, che rappresenta una nuova strada meno tossica e più efficace, secondo uno studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica Jama Oncology. I risultati dello studio accademico METEORA-II, coordinato dall’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano sotto l’egida dell’IBCSG (International Breast Cancer Study Group), erano stati anticipati all’ultimo congresso ESMO (European Society of Medical Oncology) di Parigi, dove erano stati accolti con entusiasmo dalla comunità scientifica e dai pazienti. La chemioterapia metronomica consiste in farmaci in pillole a basse dosi da assumere a casa propria, invece che in ospedale per endovena a dosi più alte.
Per questo lavoro, iniziato nel settembre 2017 e concluso nel gennaio 2021, sono state coinvolte 140 persone con tumore metastatico di tipo ER+/ERB2, provenienti da 15 centri oncologici italiani, a cui era stata somministrato un ciclo di chemioterapia oppure due cicli di terapia endocrina. Le pazienti sono state randomizzate in due bracci: uno ha seguito lo schema metronomico VEX (Vinorelbina, Ciclofosfamide e Capecitabina) e l’altro ha assunto la chemioterapia tradizionale con Paclitaxel per via endovenosa. Elisabetta Munzone, oncologa della Divisione di Senologia Medica IEO e prima firma del lavoro, ha dichiarato che “la terapia con lo schema VEX si è dimostrata superiore rispetto alla chemioterapia standard relativamente all’efficacia e ad alcuni effetti collaterali: per esempio non causa la caduta dei capelli“. Inoltre, il TTF (time-to-treatment-failure, cioè l’intervallo tra il momento del reclutamento e la fine del trattamento per cause diverse) “è stato in media significativamente più lungo con VEX che con Paclitaxel, rispettivamente 8,3 mesi e 5,7 mesi“.
STUDIO IERO SULLA CHEMIOTERAPIA METRONOMICA CONTRO TUMORE DEL SENO AVANZATO
Un anno dopo la percentuale di pazienti con tumore del seno avanzato che continuava a beneficiare della chemioterapia metronomica “era del 34,3% nel braccio VEX e dell’8,6% nel braccio Paclitaxel. Anche la PFS (progression free survival, cioè sopravvivenza senza progressione di malattia) è stata significativamente più’ lunga con VEX che con Paclitaxel, rispettivamente 11,1 mesi e 6,9“. Inoltre, il tasso di PFS a 12 mesi “è stato del 43,5% nel braccio VEX e del 21,9% nel braccio Paclitaxel“. Quindi, la chemioterapia metronomica “offre un controllo migliore della malattia perché rallenta il tempo di progressione di circa 4 mesi e riduce il rischio di dover interrompere la terapia per effetti collaterali, con un vantaggio in termini di tempo di 3 mesi e mezzo“.
Ma benefici importanti riguardano anche la qualità di vita delle donne con tumore del seno: “Le pazienti non solo non perdono i capelli, ma non sono costrette a recarsi una volta al mese in ospedale per ricevere un’alta dose farmaci, concentrata nel solo tempo dell’infusione, che purtroppo può causare effetti avversi importanti“. Ci sono tossicità anche con la chemioterapia metronomica, ad esempio sono più frequenti quelle ematologiche. “Ma la grande differenza è che possono essere gestite con la personalizzazione, adattando i tempi e i modi dell’assunzione della terapia alle caratteristiche individuali di ogni paziente, e alla sua personale risposta ai farmaci“. Pertanto, è importante che la chemioterapia metronomica venga effettuata in centri oncologici specializzati, orientati alla medicina di precisione.