La chemioterapia può colpire anche i tumori cerebrali mortali. I ricercatori della Northwestern University negli Stati Uniti hanno scoperto che alcuni potenti farmaci chemioterapici possono raggiungere i tumori del cervello quando si apre la barriera emato-encefalica. In particolare, si sono accorti che questa barriera di può aprire ricorrendo agli ultrasuoni, in modo da consentire il passaggio dei farmaci.



La barriera emato-encefalica è uno strato protettivo di cellule strettamente impacchettate intorno al cervello che ha il compito di tenere lontane le tossine, ma che allo stesso tempo impedisce ai trattamenti – in questo caso per la chemioterapia – di raggiungere i punti in cui sono più necessari, per esempio per combattere appunto i tumori cerebrali. Questa ricerca, pioniera nel suo campo, è stata pubblicata su The Lancet Oncology. Nello studio, gli scienziati spiegano di aver utilizzato gli ultrasuoni su pazienti con glioblastoma, tra i tumori cerebrali più aggressivi, per aprire la barriera emato-encefalica  e consentire il passaggio farmaci chemioterapici. A oggi non esiste un trattamento efficace per il glioblastoma, perché neppure i farmaci più potenti come il paclitaxel e il carboplatino riescono a penetrare nel cervello. I precedenti tentativi di iniettare il paclitaxel direttamente nel cervello avevano causato irritazioni e meningite. Il ricorso agli ultrasuoni, però, potrebbe dare una nuova speranza ai pazienti affetti da tumori cerebrali.



Ultrasuoni per combattere tumori cerebrali: “creano microbolle tra cellule”

Gli ultrasuoni possono creare un’apertura nella barriera emato-encefalica del cervello per consentire ai farmaci impiegati nella chemioterapia di raggiungere i tumori cerebrali. Ma come funziona esattamente questo procedimento? Dallo studio si apprende che il trattamento a ultrasuoni è in grado di creare microbolle che provocano il distacco delle cellule presenti nella barriera emato-encefalica, creando una finestra di un’ora in cui i farmaci possono penetrare nel cervello attraverso il flusso sanguigno. Trascorso questo intervallo di tempo, le microbolle si richiudono senza presentare danni a lungo termine nei pazienti.



Una delle applicazioni del trattamento a ultrasuoni a cui gli scienziati stanno già pensando è la cura del glioblastoma, il tipo più comune tra i tumori cerebrali maligni, con circa 3.200 casi diagnosticati in Gran Bretagna ogni anno. Il tempo medio di sopravvivenza è di circa 15 mesi, con meno del 10% dei pazienti vivi dopo cinque anni dalla diagnosi e dalla somministrazione del trattamento utilizzato finora, come la radioterapia e la chirurgia. Il glioblastoma risulta particolarmente insidioso perché presenta viticci filiformi che si diffondono nel cervello, difficili da distinguere dal tessuto cerebrale.