Più di vent’anni fa un patito di Gilbert Keith Chesterton, il famoso scrittore inglese, lanciò una sfida singolare ad alcuni amici emiliani variamente illetterati. “Leggete per favore – questa fu la provocazione – la biografia di San Tommaso d’Aquino scritta da Chesterton e allora rieditata, è impossibile non vi conquisti, anche se non avete studi teologici; se però non doveste apprezzarla, vi pagherò una pizza”. L’esito della competizione fu un successo solo parziale, e una pizza è ancora da pagare.
Tuttavia il 2025 potrebbe essere un anno straordinario per rilanciare questa sfida “chestertoniana” e “tomista” su scala più vasta. E il motivo è che sarà l’ottocentenario della nascita del Dottore Angelico, della quale si ipotizza l’anno ma non il giorno. Un’occasione straordinaria, il 2025, per riprendere in mano questa biografia, pubblicata nel Regno Unito nel 1933, come futuro “libro del mese”. Uno studioso autorevole del tomismo come Etienne Gilson la giudicò il miglior libro scritto su san Tommaso aggiungendo che “solo il genio può spiegare un simile risultato”.
Per richiamare un esempio pertinente, proprio in questo prossimo febbraio, pare che Comunione e Liberazione proporrà come “libro del mese” – seguendo da decenni, con tanti libri del mese suggeriti, una lunga e feconda pratica educativa di don Luigi Giussani – la straordinaria biografia di San Francesco d’Assisi scritta proprio da Chesterton cent’anni fa, nel 1923. Un buon pretesto di questa felice indicazione è il ricorrere di alcuni ottocentenari francescani (nel 2023 il presepe, l’approvazione della Regola e, nel 2026, la morte del santo).
Tutte queste ricorrenze medievali che s’intrecciano potrebbero anche suonare, per menti laiche, eccessive se non fastidiose, oppure pretesti per sermoni accademici o per qualche stanca liturgia. Ma è bene considerare, in aggiunta, che il 2025 sarà un anno giubilare, per il mondo cattolico. Un momento capitale di riconciliazione, di pellegrinaggi ma anche di riflessione per capire l’attualità, le ragioni e le radici di una fede che appare sempre più avversata o ignorata in Europa. Ed è su questo che la biografia dell’Aquinate, scritta da Chesterton tre anni prima della morte, ha un valore capitale, anche se lui si limitava a definirla un abbozzo, come del resto quella sul santo di Assisi. C’è anche chi ritiene che questa sua opera sia, per lucidità e ampiezza di intuizioni, superiore alla precedente su Francesco.
In ogni caso, i riferimenti ad entrambi i santi pullulano in queste pagine. Basti questa citazione, per averne un assaggio: “Forse suonerebbe troppo paradossale dire che questi due santi ci hanno salvato dalla spiritualità; una fine spaventosa. Forse potrei essere frainteso se dicessi che san Francesco, con tutto il suo amore per gli animali, ci salvò dall’essere buddisti; e che san Tommaso, con tutto il suo amore per la filosofia greca, ci salvò dall’essere platonici. Ma è meglio dire la verità nella maniera più semplice; e cioè che entrambi riaffermarono l’Incarnazione, riportando Cristo sulla terra”.
Oltre alla ostilità allo spiritualismo, condita con le sue riserve sul platonismo e sugli “agostiniani limitati” – accenno che ci porta poi alla polemica accesa contro Martin Lutero – Chesterton dedicò molte righe a dimostrare quanto la mente di Tommaso tenesse saldamente assieme ragione, realtà, fede e libertà e non avesse alcuna preclusione alla vera scienza.
Anche qui citazioni stimolanti, tra le tante possibili: “San Tommaso d’Aquino somiglia moltissimo al grande professor Huxley, l’agnostico che inventò la parola agnosticismo. È simile a lui nel modo di iniziare il ragionamento, ed è diverso da tutti gli altri, prima e dopo, fino all’età huxleyana. Egli adotta quasi alla lettera la definizione huxleyana del metodo agnostico: ‘Seguire la ragione, fin dove arriva’; l’unico problema è: dove arriverà? Egli formula l’affermazione, moderna o materialistica, in modo perfino impressionante: ‘Tutto ciò che è nell’intelletto è stato nei sensi’”.
Si potrebbero aggiungere le famose considerazioni paradossali sulle “uova”, per dialettizzare con la filosofia scettica contemporanea: “L’hegeliano può dire che l’uovo in realtà sia una gallina, perché parte di un infinito processo del divenire; il seguace di Berkeley può sostenere che le uova in camicia esistono alla stregua di un sogno, poiché è facile pensare che il sogno sia l’origine delle uova e le uova l’origine del sogno; il pragmatico può ritenere che noi sfrutteremo al meglio le uova strapazzate se dimenticheremo che sono uova e ricorderemo soltanto lo strapazzo. Ma nessun allievo di san Tommaso ha bisogno di guastarsi il cervello per far andare a male le proprie uova… Il tomista si leva nell’ampia luce diurna della fratellanza degli uomini, nella loro comune consapevolezza che le uova non sono galline né sogni, né puri assunti pratici, bensì realtà attestate dall’autorità dei sensi, che proviene da Dio”.
Chesterton era del resto convinto – lo rimarca Giulio Giorello, nella postfazione a quell’edizione Piemme del 1998 – che se i posteri avessero saputo realmente seguire il pensiero dell’Aquinate, non ci sarebbe stato il caso Galileo, forse nemmeno il caso Darwin e nemmeno la disputa moderna tra scienza e fede. Tanto basti per rilanciare quella vecchia provocazione emiliana, di oltre vent’anni fa, e risfidare amici, scettici e credenti senza distinzioni, a provare a gustare il Tommaso di Chesterton. In palio non c’è solo una banale pizza. Ma il tenere ben aperte, nell’anno giubilare, le finestre della mente, così com’era aperta e spalancata sul reale la sua teologia.
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