Antonio Scurati è un giornalista al centro delle recenti polemiche sulla presunta censura Rai, in merito alla cancellazione del suo monologo per il 25 aprile. Nato a Napoli il 25 giugno ha conseguito la laurea in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, per poi specializzarsi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. 



La sua carriera spicca il volo nel 2019, quando ottiene il Premio Strega per  il libro M. Il figlio del secolo, prima parte di una trilogia su Benito Mussolini. I suoi romanzi hanno ispirato anche una serie televisiva andata in onda su Sky, inoltre, Scurati collabora con diverse testate giornalistiche molto importanti quali: Il Corriere della SeraLa Stampa e Internazionale. La vita privata del giornalista è avvolta dal mistero, non si sa se sia sposato o abbia una compagna. Si conosce solo la figlia Lucia, alla quale Scurati ha dedicato il Premio Strega: “Vorrei dedicare il premio anche ai nostri figli, con l’auspicio che non debbano tornare a vivere quello che abbiamo vissuto cent’anni fa, in modo particolar e a mia figlia Lucia”.



Antonio Scurati la polemica con Serena Bortone e la censura in Rai

Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere un monologo sul 25 aprile al programma Che Sarà, condotto da Serena Bortone. L’intervento del giornalista, però, è stato cancellato alimentando le polemiche su una presunta censura da parte dell’emittente e dell’attuale governo.

Il mancato intervento del giornalista in trasmissione è divenuto un vero e proprio caso politico di cui ci sono diverse versioni. Paolo Corsini, direttore dell’Approfondimento Rai ha dichiarato che la cancellazione del monologo di Scurati non era un tentativo di censura. Secondo Corsini si sarebbe trattato solo di questioni burocratiche ed economiche da “non confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale”. La Rete pubblica, dunque, nega la censura, ma ci sono fonti a dimostrare una realtà molto diversa. Secondo un’altra ricostruzione, Scurati avrebbe mandato il monologo ai dirigenti Rai che lo avrebbero valutato troppo di parte in campagna elettorale. Alla base, dunque, ci sarebbero stati motivi politici a favore del governo.