Commodo, imperatore romano, membro della dinastia degli Antonini, regnò dal 180 al 192 succedendo al padre, il filoso Marco Aurelio. Descritto dagli storici come un sovrano stravagante, crudele e depravato, il suo regno fu caratterizzato da una svolta verso l’assolutismo imperiale che poggiò le sue fondamenta sulla delegittimazione delle antiche istituzioni romane e sull’accondiscendenza nei confronti dei voleri dei pretoriani e del popolo di Roma. Fu dunque Commodo a porre fine ad una sequenza che aveva visto a capo dell’impero cinque sovrani saggi e illuminati. Non è un’invenzione la propensione di Commodo a combattere contro i gladiatori: si trattava però di battaglie manipolate fin dal principio per favorire il suo successo: si pensi che i contendenti venivano armati soltanto di spade di legno. Tra i meriti riconosciuti a Commodo nei suoi 12 anni di principato l’aver esercitato un’ampia tolleranza religiosa, ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani dopo alcuni anni dall’ascesa al trono, l’aver dato un nuovo impulso alle arti e l’aver eretto vari monumenti celebranti le imprese del padre Marco Aurelio, tra i quali la Colonna Aureliana. Forse fu lui a completare anche la statua equestre di Marco Aurelio che si trova oggi nei Musei Capitolini (una copia è esposta al centro della piazza del Campidoglio).



COMMODO, L’IMPERATORE ROMANO UCCISO DA UN GLADIATORE

Il suo modo di regnare dispotico fece sì che nel corso del regno di Commodo fioccassero le congiure nei suoi confronti: a molte di queste riuscì a sopravvivere, ma non a quella ordita da Marcia, la sua amante. A finirlo materialmente fu realmente un gladiatore (non Massimo Decimo Meridio): il suo ex istruttore Narcisso, che lo strangolò nel bagno portando a compimento la congiura che aprì all’ascesa al potere di Pertinace. Al pari di Nerone, Eliogabalo, Domiziano e Caligolo fu decisa per lui la “damnatio memoriae”, ovvero la cancellazione del suo nome da molti monumenti, come ci racconta la Historia Augusta: “Che il ricordo dell’assassino e del gladiatore sia cancellato del tutto. Lasciate che le statue dell’assassino e del gladiatore siano rovesciate. Lasciate che la memoria dell’osceno gladiatore sia completamente cancellata. Gettate il gladiatore nell’ossario. Ascolta, o Cesare: lascia che l’omicida sia trascinato con un gancio, alla maniera dei nostri padri, lascia che l’assassino del Senato sia trascinato con il gancio. Più feroce di Domiziano, più turpe di Nerone. Ciò che ha fatto agli altri, sia fatto a lui stesso. Sia da salvare invece il ricordo di chi è senza colpa. Si ripristinino gli onori degli innocenti, vi prego”.



A riabilitarlo e divinizzarlo fu in seguito l’imperatore Settimio Severo, desideroso di ricollegarsi alla dinastia antoniniana cercando il favore dei membri superstiti della famiglia di Commodo e Marco Aurelio.

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