Mago Silvan “Prima la mia parola magica era…”

Silvan, l’illusionista e mago si racconta nella nuova puntata di Domenica In da Mara Venier. La sua parole d’ordine è Sim Sala Bim diventata un vero e proprio tormentone a cui in tanti hanno cercato di dare un significato. Proprio il mago però, intervistato dalle pagine del Corriere della Sera, ha rivelato: “cosa vuol dire? Non lo so, era il ritornello di una canzoncina danese anni ’40. Prima la mia parola magica era tactàc-serùmba-yamaclèr, l’avevo inventata io, sente come suona bene?”. Tra i maghi più famosi d’Italia (e non solo), Aldo Savoldello in arte Silvan parlando del suo “ruolo” ha precisato: “sono un illusionista. Ma anche mago può andare. E la magia è una forma d’arte, che crea l’illusione della verità, dove l’impossibile diventa possibile”.



Una carriera di grandi successo e riconoscimenti tra cui anche il titolo di commendatore della Repubblica italiana: “come mio padre Giovanni, capo della polizia lagunare di Venezia, fu nominato nel 1976 dal presidente Leone. Bello, alto, carismatico, era il sosia di Rodolfo Valentino, lo chiamarono a Hollywood, però alla fine non ci andò”.



Mago Silvan e la passione per la magia

Il mago Silvan dalle pagine del Corriere della Sera ha raccontato anche come e quando è nata la passione per la magia. Tutto è iniziato quando era un ragazzino di soli 7 anni dopo l’incontro con un mago di paese. “Papà aveva una casetta a Crespano del Grappa, ci passavano le vacanze estive. Il sabato c’era la lotteria in piazza, primo premio un maialino vivo, la domenica il mercato delle mucche. Una sera, in pizzeria, l’attrazione era questo prestigiatore simpatico, con la marsina lisa, grande affabulatore, proponeva numeri con fiori finti e foulard. “Ehi tu, vieni qui”, mi disse. E mi porse delle monetine su un vassoio. “Prendile. Sono dieci giusto? Ora dammene tre che me le metto in tasca, così. Te ne restano sette, stringile forte nel pugno”. Pronunciò non so quale formula. “Ora ricontale”. Riaprii la mano e cominciai: “Uno, due, tre… dieci”. Di colpo fui invaso da un tremore, un’emozione forte che mi sembrava di volare. Era il bacillus magicus appena entrato in me” – ha raccontato il mago.

Da quel momento ha deciso di trasformare la sua passione in un lavoro studiando da autodidatta: “studiavo su vecchi testi di magia comprati alle bancarelle dell’usato nel sestiere di Cannaregio. Mi rifilavano volumi di occultismo, stregoneria, teosofia, esoterismo, leggevo tutto». E intanto scendiamo per una scala a chiocciola fino al suo “antro magico” in cui pochissimi sono ammessi. Sugli scaffali oltre tremila libri e preziosi incunaboli di magia, antichi tarocchi, un raro automa del 1830 che fa un gioco di prestigio, un teschio parlante”.